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Primitivo di Manduria Dolce Naturale Docg

Pubblicato da disciplinare

La Docg Primitivo di Manduria Dolce Naturale e' riservata al vino proveniente da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica: 100% Primitivo.
La zona di produzione delle uve atte alla produzione del vino Doc Primitivo di Manduria Dolce Naturale ricade nelle province di Taranto e Brindisi e comprende i terreni vocati alla qualita' di tutto o parte dei Comuni compresi nelle suddette province.

Approvata come tipologia della DOC “Primitivo di Manduria” con DPR 30.10.1974 GU 60 - 04.03.1975,
Approvato DOCG con DM 23.02.2011 GU 57 - 10.03.2011
Modificato con DM 30.11.2011 GU 295 - 20.12.2011 
Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP
Modificato con DM 07.03.2014 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP

Il territorio in cui ricade l’areale di produzione della D.O.C.G. Primitivo di Manduria Dolce Naturale è essenzialmente caratterizzato da due tipologie di paesaggio: l’Arco Jonico e la penisola Salentina.
L’Arco Jonico(zona costiera) interessa maggiormente la zona costiera e comprende i comuni di
Carosino, San Giorgio Ionico, Monteparano, Roccaforzata, Faggiano, Lizzano, Leporano, Pulsano,
Fragagnano, Sava, Maruggio, Manduria. Esso si estende a partire dalla costa ionica fino ad arrivare alla base delle Murge, ad ovest fino alla Fossa Bradanica e ad est fino al contatto con il Salento Nord Occidentale. La morfologia deriva dai frequenti e brevi cicli sedimentari trasgressivo-regressivi che hanno interessato l’area sin dal Pliocene medio, conferendo al paesaggio il tipico aspetto a “gradinata” costituito, appunto, da una serie di scarpate che progressivamente degradano verso la linea di costa, lungo la quale è possibile osservare un sistema di dune cui sono associate estese depressioni retrodunali. Il clima è di tipo mediterraneo con inverni abbastanza miti(temperatura minima media 6- 7°C)ed estati calde(temperatura massima media 25-26°C). La piovosità si attesta attorno ai 650 mm di pioggia annui concentrati prevalentemente nel periodo invernale.
Il Salento o Penisola salentina risulta la tipologia predominante in cui rientrano i Comuni di Avetrana, S.Marzano di San Giuseppe, Torricella, Torre dell’Ovo, Campomarino, S.Pietro in Bevagna, Torre Colimena, Oria, S.Susanna, Erchie, interessando quindi la parte sud-orientale dell’intero territorio tarantino. Si presenta come un territorio alquanto complesso in cui si alternano superfici subpianeggianti (nelle aree localizzate tra Lecce e Brindisi) a rilievi calcarei (serre salentine). Le serre presenti nella porzione più a sud sono caratterizzate da rilievi calcarei o calcareo-dolomitici stretti ed allungati che si interrompono qua e là in solchi erosivi pianeggianti. La penisola salentina, essendo protesa al mare, è caratterizzata da un clima più umido rispetto al resto della Puglia, dove invece la presenza dell’Appennino riduce l’apporto di umidità dei venti provenienti da ovest. L’umidità non si traduce in precipitazioni, comunque più cospicue rispetto alla Puglia settentrionale, ma determina una più netta alterazione della temperatura percepita: le stagioni estive, soprattutto nelle aree più meridionali, sono particolarmente afose, mentre le stagioni invernali, sia pure molto miti e abbondantemente al di sopra dello zero anche nei periodi più freddi, appaiono gelide soprattutto in presenza di vento.
In tutto il territorio della D.O.C.G. l’uso del suolo è mosaicato con vigneti alternati a seminativi ed
oliveti radi. Un’analisi più dettagliata dei suoli porta a considerare che nella parte occidentale dell’area di produzione predominano i suoli franco-argillosi profondi che diventano sabbiosi e  sottili scendendo lungo la zona costiera permettendo quindi solo un ridotto approfondimento radicale. Tale tipologia in realtà lambisce la parte orientale dei Comuni di Sava e Lizzano. Procedendo verso ovest, si nota che i Comuni di Manduria, Sava e Avetrana sono caratterizzati dall’alternanza di suoli sottili e profondi, per lo più a media tessitura e poco adatti, ad approfondimento radicale oltre i 50 cm. I tre Comuni della Provincia di Brindisi, sono per lo più caratterizzati da suoli franco sabbiosi argillosi, con media tessitura e buon drenaggio, leggermente asfittici nella fascia che interessa la parte occidentale di Oria e il Comune di Torre S.Susanna. Erchie ha un territorio con suoli tendenzialmente sottili che garantiscono buon drenaggio e disponibilità di ossigeno. Guardando alla fascia costiera si nota la netta prevalenza di suoli franco argillosi o franco sabbiosi molto sottili con substrato entro i 25-50 cm, quindi assolutamente poco adatti all’approfondimento radicale oltre i 50 cm. Man mano che ci si sposta
verso l’interno i terreni diventano tendenzialmente più profondi, non presentando quindi particolari limitazioni d’uso, se non, in casi sporadici, problemi di drenaggio e conseguentemente asfissia radicale.
Sulla base delle caratteristiche podologiche non esistono particolari fattori limitanti alla coltivazione della vite anzi l’intero areale ed i suoi terreni sono considerati estremamente vocati ad una viticoltura di elevata qualità. Considerando il territorio essenzialmente pianeggiante e notevolmente omogeneo dal punto di vista climatico, non esistono e conseguentemente non sono riportate nel disciplinare di produzione particolari requisiti ed indicazioni sull’attitudine, esposizione e giacitura dei vigneti.

 
2) Fattori umani rilevanti per il legame
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Primitivo di Manduria”.
Nel primo trentennio del 1900 il prof. Giuseppe Musci (1879-1946), Direttore del Consorzio
Antifilosserico della provincia di Bari, contribuì allo sviluppo della nuova viticoltura in Puglia con
un’incessante attività testimoniata da numerosi articoli, opuscoli e testi tra cui uno dedicato al
“Primativo di Gioia” datato 1919. Nel testo il Musci fa risalire l’origine, fino ad oggi mai smentita,
della prima selezione del Primitivo al 179 per opera del sacerdote don Francesco Filippo Indellicati
(1787-1831), Primicerio del capitolo della chiesa madre di Gioia del Colle (Ba) nonché esperto
botanico ed agronomo. Indellicati, avendo notato ed apprezzato il vitigno all’interno di un vecchio
vigneto polivarietale situato in agro di Gioia del Colle, lo ribattezzò come Primativo o Primaticcio in virtù della precocità di maturazione e ritenendolo adatto alle terre rosse tipicamente pugliesi, realizzò per talea un vigneto razionale monovarietale in contrada Terzi. Il Vitagliano (1985), sposando la tesi dell’origine gioiese, afferma che già nel 1868, nelle contrade Marchesana, Terzi, Castiglione e Parco Busciglio dell’agro di Gioia fossero coltivati a Primitivo circa 6.000 ettari. A sostegno di quanto detto non mancano illustri citazioni bibliografiche di fine ‘800, ossia in un epoca caratterizzata dalla nascita in tutta Europa della disciplina ampelografia e dai primi tentativi di associare ogni vitigno ad una determinata area di coltivazione. Ancor prima G. Perelli (1874) e D. Froio (1875) ne avevano brevemente descritto le caratteristiche ampelografiche, produttive ed enologiche, risultando, ad oggi, tra i primi testimoni dell’antica presenza del vitigno in Puglia. Il dottor Antonio Carpenè, nella sua nota “Intorno ad alcuni vini del barese” cita un vino “Primitivo di Turi” dell’annata 1867, e ciò, nel confermare l’autenticità pugliese del vitigno, pone comunque un interrogativo sull’origine prettamente gioiese della sua coltivazione.
Nel 1887 il De Rovasenda annotò che “il Primitivo, coltivato in Terra di Bari (Altamura, Bitonto, Turi) matura la sua uva molto precocemente e può dare un buon vino….; dà in qualche località un vino liquoroso”. Tale antica citazione rappresenta probabilmente il primo riferimento di una tipologia di vino prodotto con uve parzialmente passite analoga all’attuale Dolce naturale della D.O.C Primitivo di Manduria.
Nella piana di Manduria il Primitivo approdò molto probabilmente alla fine del XIX secolo, grazie ad alcune barbatelle portate dalla contessa Sabini di Altamura, andata in sposa a Tommaso Schiavoni Tafuri, il quale ne avviò la coltivazione nelle terre di sua proprietà, selle dune di Campomarino, una località rivierasca frazione di Maruggio. La prima etichetta di cui si ha testimonianza del primitivo proveniente dal vigneto dello Schiavoni Tafuri risale al 1891 e porta la denominazione “Campo Marino”. Si narra che di tale vino, presto rivelatosi di grande struttura, il nobiluomo di Manduria fosse così geloso, da ammettere alla degustazione solo pochi eletti suoi amici. Tutto ciò non esclude ovviamente che il vitigno fosse presente già da tempo in Puglia, sulla murgia barese o lungo l’areale jonico-tarantino (Baldassarre, 2003).
Singolare appare la fama in epoca romana dell’area tarantina o Aulonia, elogiata per fertilità e
abbondanza nell’Ode VI dei Carmina di Orazio: “Più di ogni altro angolo della terra / mi sorride quello dove il miele non è da meno di quello dello Imetto / e l’olivo gareggia con quello del Venafro / dove Giove alterna lunghe primavere e tiepidi inverni / e l’Aulone amico del fertile Bacco non ha minimamente da invidiare alle uve di Falerno”. I mera tarantina, i prestigiosi vini prodotti nel territorio dell’antica Aulonia, furono paragonati da Orazio al famosissimo Falerno, di cui riproducevano le doti di longevità, austerità e forza. Il leggendario confronto tra i due vini, nel sostenere la tesi di un contributo del Primitivo alla loro composizione, è supportato dal riconoscimento dell’antica presenza del vitigno nel casertano, nella stessa zona dove in epoca romana si produceva il celeberrimo Falerno, con la DOC “Falerno del Massico Primitivo”. A tal riferimento Vitagliano annota “Il fatto che in questa stessa area della provincia di Caserta, localmente, il vitigno è chiamato primitivo di Lecce fa pensare che esso sia in qualche modo arrivato dalla Puglia, e in particolare dal Salento”.
Nel 1629, il patrizio monopolitano Prospero Rendella nel suo “Tractatus de vinea, vindemia et vino” decanta le qualità del vino Tarentinum. E un vino così prestigioso doveva necessariamente nascere da un vigneto dotato di qualità superiori e fortemente adattato all’ambiente. E allora si potrebbe anche pensare che il Primitivo portato a Manduria dalla contessa Sabini di Altamura abbia segnato un fortuito ritorno di un vitigno diffuso nella stessa area in epoca ben più remota.
La recente opera “Dal merum al Primitivo di Manduria”, nel valoroso tentativo di ricostruire l’intreccio millenario tra la storia del popolo pugliese e il vino, aggiunge interessanti tasselli alla tesi di una antica presenza del comprensorio di Manduria del vitigno Primitivo o quantomeno di un suo simile (Filo et al., 2004). Nel libro si descrive la fama della cosiddetta “fiera pessima” di Manduria, nota, in epoca angioina, per la bontà e l’abbondanza del vino che giungeva dai comuni limitrofi e si parla dell’abate Pacichelli, che durante i suoi viaggi in Terra d’Otranto negli ultimi decenni del ‘600, si soffermò ad osservare la grande produzione enologica di Casalnuovo, l’odierna Manduria. 
La sua vita fenologica è più breve di altre varietà: a dispetto della precocità di maturazione è, infatti di germogliamento tardivo e perciò poco soggetto ai danni delle brinate, la fioritura è delicata e resistente discretamente agli attacchi di malattie crittogamiche. Caratteristica unica nel panorama viticolo, le cosiddette femminelle, in zona dette racemi, raggiungono una perfetta maturazione in epoca successiva alla prima vendemmia. Infatti, dopo un mese circa dalla prima vendemmia, veniva effettuata la raccolta dei racemi, che sicuramente rappresentavano caratteristiche differenti dai grappoli principali, ciononostante il mosto che ne derivava veniva vinificato in purezza e il vino ottenuto si presentava più asciutto e tannico nonché più colorato di quello proveniente dalla prima vendemmia.
Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino
all’attualità.
La DOCG “Primitivo di Manduria Dolce Naturale”è stata riconosciuta con il DM 23/02/2011 – G.U. n. 57 del 10-3-2011.
L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:
- base ampelografica dei vigneti: il vitigno idoneo alla produzione del vino in questione è il primitivo;
- le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (42 ettolitri per ettaro);
- le pratiche relative all’elaborazione dei vini, sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona.


B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.
La DOCG “Primitivo di Manduria Dolce Naturale” dal punto di vista analitico ed organolettico
presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del presente disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
In particolare i vini presentano un colore intenso (rosso tendente al granato), di media acidità, con odore ampio e complesso, talvolta con sentore di prugna e sapore dolce, vellutato, caratteristico.


C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).
L’orografia del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, e localizzati in zone
particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente
adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.
Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.
La millenaria storia vitivinicola della regione, dalla Magna Grecia, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Primitivo di Manduria Dolce Naturale”; ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.

VITIGNI

PRIMITIVO N.

 

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