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Colli Bolognesi Classico Pignoletto Docg

Pubblicato da disciplinare

La Docg Colli Bolognesi Classico Pignoletto è ottenuto da almeno il 95% di Pignoletto.
Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve di altri vitigni idonei alla coltivazione nella regione Emilia-Romagna, presenti nei vigneti in ambito aziendale, da soli o congiuntamente, fino a un massimo del 5%.
La zona di produzione del vino a denominazione di origine controllata e garantita «Colli Bolognesi Classico Pignoletto» comprende per intero il territorio amministrativo dei comuni di Monte San Pietro e Monteveglio della provincia di Bologna e in parte il territorio amministrativo dei comuni di Sasso Marconi, Casalecchio di Reno, Zola Predosa, Crespellano, Bazzano, Castello di Serravalle della provincia di Bologna e Savignano sul Panaro della provincia di Modena.

L’area geografica della DOCG Colli bolognesi Classico Pignoletto include la zona pedecollinare e
di media collina compresa tra la vallata della Val Samoggia e dall’ampia vallata del fiume Reno e
da quelle minori dei torrenti Samoggia, Lavino e Idice. Tutti questi corsi d’acqua hanno andamento perpendicolare all’asse appenninico e delimitano rilievi interfluviali dal profilo più o meno accentuato a seconda dei materiali geologici che attraversano.
L’area è interessata dai seguenti principali paesaggi geologici:

Contrafforti e Rupi
Comprende rocce di età diversa che danno luogo ad un paesaggio segnato da rilievi, frequentemente di forma tabulare o di rupe, bordati da ripidi versanti e da pareti rocciose (contrafforti). Queste forme derivano dalla scarsa erodibilità delle rocce che compongono l’unità. Si tratta di arenarie stratificate, con subordinate marne e conglomerati.
Le rocce su cui si modellano questi paesaggi sono sia le arenarie plioceniche sia le arenarie
epiliguri. Si tratta di corpi rocciosi stratificati.
I versanti sono generalmente acclivi e boscati.
Questo paesaggio è particolarmente esteso nella parte centrale (tra Lavino e Reno) e sud-orientale dell’area.

I Colli con Frane e Calanchi
Questo paesaggio è caratterizzato da notevole complessità geologica e morfologica, che gli
conferisce un aspetto composito e segnato da forti contrasti. A morbidi versanti, scarsamente acclivi e spesso coltivati, si susseguono incisioni calanchive. Ma l’aspetto che maggiormente caratterizza questo paesaggio è la diffusa presenza di fenomeni di dissesto franoso.
Nei versanti e sul fondovalle il substrato è prevalentemente formato dalle cosiddette “Argille
Scagliose”: un complesso a struttura caotica in cui la matrice argillosa ingloba masse più o meno
grandi di rocce calcaree, arenacee, marnose o stratificate. Frequentemente in posizione sommitale su questi versanti irregolari e con pendenze non eccessive, si ritrovano complessi rocciosi che, per la loro maggiore resistenza all’erosione, hanno pendenze più elevate e sono prevalentemente boscati.
Questo paesaggio è presente esclusivamente nella parte sud-occidentale dell’area (in sinistra
Lavino).

I Primi Colli
Lungo il margine pedeappenninico si estende questa unità dove il paesaggio collinare si raccorda
alla pianura con estrema gradualità. Il paesaggio è caratterizzato da una morfologia dolce, articolata in lunghi ripiani declinanti verso valle dove sono conservati antichi paleosuoli. Locali erosioni del reticolo idrografico minore formano valli scarsamente approfondite separate da crinali dalle ampie sommità dove affiorano le “sabbie gialle”.
Le rocce che compongono questa unità sono le formazioni delle Argille Azzurre e delle Sabbie
Gialle (Pliocene - Pleistocene).
Questo paesaggio è presente prevalentemente nella parte nord-occidentale dell’area (in sinistra
Reno).

Piana dei Fiumi Appenninici
Comprende i fondivalle e gli sbocchi di fiumi e torrenti al margine. Il paesaggio deve le sue
caratteristiche alla dinamica dei corsi d’acqua appenninici, i quali nel loro corso intravallivo hanno
formato ridotti depositi nastriformi, e depositato allo sbocco in il loro carico più grossolano,
formando corpi sedimentari noti come conoidi alluvionali.
I suoli sono prevalentemente poco evoluti, spesso costituiti da materiali grossolani, secondo un
gradiente deposizionale trasversale all’asse del corso d’acqua. Talvolta lungo i fondivalle e lungo il
margine appenninico si riconoscono, in forma di terrazzi più o meno ampi, lembi residuali di antichi livelli di piane alluvionali, su cui si rinvengono suoli molto sviluppati ed evoluti (paleosuoli), simili a quelli già descritti nel paesaggio precedente.
All’ampia variabilità geomorfologica, ovvero di substrati e di forme del paesaggio, corrisponde
un’altrettanto elevata variabilità pedologica, sia in termini di caratteri funzionali (tessitura,
scheletro, profondità) che di livello evolutivo. La coltivazione della vite è diffusa in maniera
preponderante a quote inferiori ai 300 m s.l.m.m., in sinistra Reno su suoli a tessitura fine, con
contenuto in calcare variabile e su suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente
limosa e molto calcarei.
I suoli a tessitura fine si rinvengono sia nei versanti generalmente dissestati su Argille Scagliose, sia nei primi rilievi collinari su Argille Azzurre Plio-pleistoceniche, sia sulle paleosuperfici
subpianeggianti che corrispondono agli antichi conoidi alluvionali.
I suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei, si ritrovano sulle facies siltose dei litotipi presenti nel paesaggio dei Colli con frane e calanchi e in quello dei Primi colli.
Dal punto di vista climatologico, con riferimento al trentennio 1961-1990 (riferimento climatico di
base secondo le convenzioni dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale), l’area è caratterizzata
da una piovosità media annua che va da 800mm nell’alta pianura a 1.200 mm nelle zone collinari
più elevate e da temperature medie comprese, con inverso gradiente rispetto alle precipitazioni tra 14°C e 12°C. Nella bassa collina il bilancio idrico climatologico (differenza tra precipitazioni ed
evapotraspirazione potenziale annue) evidenzia la presenza di un moderato deficit idrico (fino a 350 mm di deficit annuo) che può essere considerato un fattore positivo per la qualità delle produzioni vitivinicole, in quanto un certo stress idrico estivo favorisce nelle uve in maturazione la concentrazione degli zuccheri e la sintesi di componenti aromatici. Sopra la quota di circa 400 m s.l.m.m. il bilancio idrico climatologico evidenzia invece la presenza di un surplus idrico anche
elevato (fino a 800 mm annui).
Le sommatorie termiche, calcolate con soglia 0°C, vanno dai i 4.500 ai 4.900 gradi giorno nella
bassa collina. Sono inferiori a 4.500 gradi giorno sopra la quota di circa 400 m s.l.m.m.
L’Indice di Winkler assume nella zona valori massimi di circa 2100 nelle zone a quote meno
elevate.
La disponibilità termica, almeno nella fascia sotto i 400 m s.l.m.m., è ottimale, per la crescita e la
maturazione di un’ampia gamma di vitigni.
In Emilia-Romagna per il periodo 2030-2050 si prevedono temperature più elevate, precipitazioni
più concentrate ed un aumento dell'intensità e durata degli episodi estremi di caldo e siccità.

2) fattori umani rilevanti per il legame
Quando i romani, circa due secoli prima della nascita di Cristo, sottomisero ed unificarono sotto il
segno della lupa i territori abitati dalle tribù dei galli boi, avevano probabilmente mille motivi per
farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze agricole di tali zone.
I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l’uso introdotto dagli etruschi e sviluppato
successivamente dai galli. Tale metodo infatti, lo si chiama “arbustum gallicum”, particolarmente adatto non solo alle terre basse ed umide della pianura, ma soprattutto si era incrementato
notevolmente sulla zona collinare.
È accertato che da tali terreni, soprattutto quelli collinari posti a sud di Bononia, i nostri antenati
latini producessero vini che li appassionarono moltissimo. Le terre dell’agro bononiense erano
coltivate dai veterani di tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui la
bevanda bacchica era palesemente bevuta, gustata ed apprezzata.
Plinio il Vecchio - I° sec. d.C. - nel capitolo “Ego sum pinus laeto” tratto dalla monumentale opera
di agronomia “Naturalis historia”, enuncia che in “apicis collibus bononiensis” vi si produceva un
vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare ma non abbastanza dolce per essere
piacevole e quindi non apprezzato, poiché è risaputo che durante l’epoca imperiale era gradito il
vino dolcissimo, speziato ed aromatizzato con innumerevoli essenze, inoltre, sempre molto
“maturo” in quanto i vini giovani non erano in grado di soddisfare i pretenziosi palati della nobiltà.
Erano trascorsi poco meno di tre secoli dalla conquista romana - 179 a.C. - che il vino era
radicalmente mutato, ma non le qualità e caratteristiche uniche di tale nettare.
Riprendendo il cammino alla ricerca di tracce che ci possano condurre ai vini che oggi degustiamo, ci imbattiamo nelle biografie dell’operosità di tali monaci-agresti che sono giunte fino ai giorni nostri, in cui si menzionano i notevoli impulsi dati per lo sviluppo della vite. Si sparsero in tutte le regioni italiane e nel migrare verificarono che sulle colline bolognesi si produceva un buon vinello dorato e mordace, appunto frizzante.

OMNIA ALLA VINA IN BONITATE EXCEDIR - decisamente “…un vino superiore per bontà a
tutti gli altri…” e bevuto non solo durante le pratiche liturgiche, ma anche con gioia alla tavola del
nobile e del volgo, ottenuto da uve conosciute ed apprezzate come pignole!
I secoli che da allora sono trascorsi per giungere fino ai giorni nostri, sono stati indiscussi testimoni di innumerevoli fatti e citazioni riguardanti i vini delle nostre splendide colline bolognesi.
Nel 1300, Pier de’ Crescenzi, nel più importante trattato di agronomia medievale “Ruralium
commordorum - libro XII” descriveva le caratteristiche organolettiche del “pignoletto” che si
beveva allora, in quanto il vino, oltre che maggiormente prodotto, era quello più gradito per
piacevolezza e per la vivace e dorata spuma.
Agostino Gallo ne “Le venti giornate dell’agricoltura” del 1567, sollecitava di piantare le uve
pignole in quanto per la notevole produzione, permetteva un florido commercio perché sempre
ricercate.
Medico e botanico di Papa Sisto V°, il Bacci, nel personale trattato del 1596 “De naturalis vinarium istoria de vitis italiane”, asseriva le “…rare et optime…” qualità intrinseche dell’uva pignola. Così pure Soderini, noto agronomo fiorentino, sempre in quegli anni, ne confermava le caratteristiche.
Il Trinci - 1726 - pone in evidenzia le caratteristiche di tale vitigno: l’odierno pignoletto si riscontra nella sua quasi totalità di tali affermazioni, per non dire che sono le medesime.
Ulteriori conferme sono riportate nel “Bullettino Ampelograficho” del 1881, in cui è nominata l’uva
pignola prodotta nelle colline poste a sud dell’urbe di Bologna, la cui assomiglianza con l’attuale
produzione è stupefacente, e non lascia più adito ad altri dubbi di sorti.
Lo statuto di Bologna del 1250 ordina la costruzione della “Strada dei vini” per trasportare con
sicurezza verso Bologna i vini ottenuti nelle colline a sud della città.
A partire dal 1250 risalgono i primi estimi del comprensorio vitivinicolo.
In relazione al disciplinare si può affermare che:
- base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli
tradizionalmente coltivati nell’area di produzione.
- le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma.
- le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso di vini tranquilli ma strutturati.

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico
I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed
organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono
una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
Tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al
sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).
L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati a
ad est sud est, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, con notevoli sbalzi termici e pertanto favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.
La tradizione millenaria della produzione di vino, insieme alle caratteristiche uniche del territorio,
garantisce la qualità del vino a DOCG Colli Bolognesi Classico Pignoletto.

VITIGNI

PIGNOLETTO B.

 

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