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Reggiano Doc

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La  Doc Reggiano puo' essere “Reggiano” Lambrusco (anche nelle tipologie frizzante, spumante e novello): Lambrusco Marani, Lambrusco salamino, Lambrusco Montericco, Lambrusco Maestri, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco grasparossa, Lambrusco Viadanese, Lambrusco oliva, Lambrusco Barghi, congiuntamente o disgiuntamente, in misura non inferiore all’85%; per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni Ancellotta, Malbo gentile, Lambrusco a foglia frastagliata, Fogarina.
“Reggiano” Lambrusco Salamino (anche nella tipologia frizzante): Lambrusco salamino in misura non inferiore all’85%; per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni Ancellotta, Lambrusco Marani, Lambrusco di Sorbara e Malbo gentile.
“Reggiano” Rosso (anche nella tipologia frizzante e novello): Ancellotta dal 30% al 60%; per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni Lambrusco salamino, Lambrusco Marani, Lambrusco di Sorbara, Malbo gentile, Lambrusco Maestri, Lambrusco grasparossa, Sangiovese, Merlot, Cabernet sauvignon, Marzemino, Lambrusco oliva, Lambrusco Viadanese, Lambrusco a foglia frastagliata, Fogarina.
“Reggiano” Bianco spumante: Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco salamino, Lambrusco Montericco, Lambrusco di Sorbara e Malbo gentile congiuntamente o disgiuntamente per il 100%. Le uve a bacca rossa devono essere vinificate in bianco.
La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere designati con la denominazione di origine “Reggiano” ricade nella regione Emilia-Romagna e comprende parte del territorio della provincia di Reggio Emilia. I vini “Reggiano” Lambrusco (nelle diverse versioni frizzante, spumante, ecc.), possono essere prodotti su un vasto territorio che comprende 35 comuni della provincia. I vini “Reggiano” Lambrusco Salamino (nelle diverse versioni), “Reggiano” Rosso (nelle diverse versioni) e “Reggiano” Bianco spumante possono essere prodotti solo in particolari zone del territorio provinciale, più ristrette, che comprendono un numero più limitato di comuni.

La zona geografica corrispondente alla denominazione d’origine controllata “Reggiano” ricade
nella parte centro occidentale della regione Emilia-Romagna, nella provincia di Reggio Emilia, e si
estende su un ampio territorio di pianura ed un più limitato territorio collinare, che si interrompe
con l’inizio della zona montana. Procedendo verso sud si sale di quota, incontrando diversi
paesaggi:
- un’aperta pianura tipica della Pianura padana, di origine alluvionale, formata da sedimenti naturali risalenti all’Olocene, a tessitura variabile, in prevalenza media e fine, con elevate frazioni di minerali alterabili e carbonati, provenienti dai fiumi e dai torrenti appenninici, tranne quelli riferibili all’ambiente di pianura a meandri del Po, in una ristretta fascia a nord, per lo più esclusa dalla zona delimitata;
- una pianura di transizione ai rilievi collinari, morfologicamente mossa, formata da antichi sedimenti alluvionali a varia tessitura, risalenti al Pleistocene. Su queste superfici sub pianeggianti si rinvengono suoli molto profondi, evoluti e decarbonatati, a tessitura moderatamente fine o fine con locali affioramenti ghiaiosi, a buona o moderata disponibilità di ossigeno;
- i rilievi collinari, dolci o moderatamente ripidi, orientati prevalentemente in direzione nord-sud, i
cui suoli derivano in prevalenza da rocce pelitiche o da rocce stratificate ad importante componente pelitica, a tessitura fine o moderatamente fine, calcarei, con profondità variabile, localmente soggetti a fenomeni di dissesto idrogeologico.
Le quote, limitatamente al vigneto, sono generalmente comprese tra i 20 ed i 450 m s.l.m., ma non mancano vigneti anche a maggiore altitudine.
Il clima è di tipo subcontinentale, più accentuato nell’area di pianura, con inverni particolarmente
rigidi (freddo-umidi) ed estati molto calde, umide e afose. La zona è soggetta ad elevate escursioni termiche giornaliere, maggiori in pianura, minori in collina. Il regime pluviometrico è di tipo sublitoraneo con piovosità massime in autunno, sia per regime che distribuzione e piovosità minime in estate, soprattutto nella prima decade di luglio. Le precipitazioni e i giorni di pioggia aumentano salendo di altitudine, dai 650 mm della bassa pianura agli 850 mm della zona collinare, con un valore medio di 719 mm e di 78 giorni piovosi.
La zona geografica per la tipologia Lambrusco corrisponde all’intero territorio della denominazione, mentre le zone relative alle altre tre tipologie: Rosso, Bianco spumante e
Lambrusco salamino, sono più ristrette, e interessano in prevalenza l’area di pianura, soprattutto la parte orientale, caratterizzata da suoli a buona fertilità fisica e chimica e clima più caldo d’estate e in primavera.


2) fattori umani rilevanti per il legame
Il vigneto reggiano risale all’epoca romana (mosaici del I secolo a.c. conservati presso i Musei
Civici di Reggio Emilia). Notizie della diffusione della coltura della vite nell’area delimitata
giungono dai numerosi contratti d’enfiteusi del medioevo, IX-X sec. d.c., ribadite dagli Statuti del
1265. Il legame con vitigni autoctoni denominati “uve lambrusche” è sancito già nel 1303 dal Pier
De Crescenzi.
La migliore conferma dell’importanza del vino nel reggiano resta in ogni caso l’enorme diffusione
della vite sul territorio provinciale, testimoniata nel 1597 da Andrea Bacci, nel 1661 da Vincenzo
Tanara e nel XIX secolo da Filippo Re, Claudio della Fossa e Claudio Roncaglia, che evidenziano i
tratti tipici del vino prodotto: brusco e frizzante, più o meno corposo.
Nel 1847 si producono in provincia di Reggio Emilia un milione di quintali di uva (Bellocchi), che
salgono a 1,7 milioni di quintali nel decennio 1908-1918, realizzati su di 107.000 Ha di vigna a
coltura promiscua, con filari di viti maritate a tutori vivi, che si estende ininterrotta dalla dolce
collina alle rive del fiume Po. La produzione principale è di mosti e vini rossi, in particolare
lambruschi, prevalentemente frizzanti, in buona parte esportati in Veneto o all’estero, come
indicano documenti ferroviari dei primi del ‘900.
In questo periodo che nascono le prime strutture cooperative per la lavorazione e la
commercializzazione di mosti e vini, che si diffonderanno rapidamente su tutta l’area delimitata e si sviluppa l’enologia della zona. Del 1906 è la prima cantina sociale, sorta a San Martino in Rio.
La legge del 10 luglio 1930 riconosce il lambrusco tra i vini tipici italiani.
Con l’evoluzione del’enologia reggiana, cambia anche il paesaggio vitato: dagli anni ’60 del XX
sec., la superficie vitata a cultura promiscua si riduce sensibilmente, lasciando il posto a vigneti
specializzati, presupposto per una maggiore qualificazione della viticoltura della zona.
Il 18-12-1962 nasce il “Consorzio volontario per la difesa del vino tipico lambrusco reggiano”, che
successivamente avrà l’incarico di tutelare e promuovere i vini reggiani in Italia e nel mondo.
Nel 1972, con decreto del presidente della repubblica del 22 luglio, viene riconosciuta la
denominazione d’origine controllata “Lambrusco Reggiano”, che interessa un’ampia zona di
pianura, soprattutto a nord-est di Reggio Emilia, e verso sud, compresa una prima zona di collina, e i seguenti vitigni: Lambrusco Marani, Lambrusco Salamino, Lambrusco di Montericco, Lambrusco Maestri e Ancellotta. Le condizioni ambientali e di coltura del vigneto devono essere quelle tradizionali, e comunque atte a conferire al vino derivato le specifiche caratteristiche, mentre è vietata ogni pratica di forzatura.
Il 26-11-96, la denominazione d’origine cambia nome in “Reggiano”, differenziando le tipologie
ottenibili.
Il fattore umano si rivela essenziale per la denominazione, in riferimento:
- ai vitigni tradizionalmente coltivati, prevalentemente autoctoni del territorio specifico o dell’area
emiliana;
- alle tecniche agronomiche adottate, tradizionali della zona, volte a contenere le rese e ottenere le qualità previste dal disciplinare;
- ai metodi di vinificazione, tradizionalmente consolidate in zona per la produzione di vini frizzanti e spumanti, nonché per la produzione di vini fermi rossi e novelli della zona.


B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o
esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
La denominazione di origine “Reggiano” è riferita a diverse tipologie, che devono le loro
caratteristiche analitiche ed organolettiche descritte all’articolo 6 del disciplinare, alla base
ampelografica, alle pratiche enologiche adottate e alle zone di produzione.
I vini Lambrusco, tradizionalmente dotati di bollicine (nelle versioni frizzante e spumante), importanti per l’equilibrio gustativo, sono ottenuti da tagli di vitigni lambrusco e da ambienti che ne esaltano l’acidità e la freschezza, da bersi giovani, con profumi fruttati e floreali tipici delle cultivar di base, rossi o rosati.
Il vino Lambrusco Salamino, rosso o rosato, tipicamente frizzante, di buona acidità, anche malica e notevole freschezza derivata dalla zona di produzione, ha profumi e sapori tipici della varietà
prevalente.
Il vino Rosso, frizzante o fermo, risente fortemente del vitigno Ancellotta, dotato di maggiore colore e morbidezza, e minore acidità rispetto ai lambruschi.
Il vino Bianco spumante, è un vino bianco ottenuto da Lambrusco Marani, a bacca rossa ma dal minor contenuto antocianico rispetto altri lambruschi, ha importanti caratteristiche di sapidità e freschezza legate alle condizioni più estreme del territorio di produzione e al vitigno.
I vini rossi sono generalmente più corposi e più dotati in aromi fruttati di bacche e drupe rispetto ai vini rosati e al Bianco spumante dove sono più evidenti le acidità ed i profumi floreali. I vini nelle versioni “novello” risentono della macerazione carbonica, con aromi vinosi, fruttati e sapidità elevata.
Tipici e importanti sono i mosti di uve parzialmente fermentati ottenuti dalle tipologie Lambrusco,
Lambrusco salamino e Rosso per il loro ricco contenuto antocianico, in profumi e zuccheri.


C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi della lettera A) e quelli della lettera B)
La zona geografica delimitata è caratterizzata da condizioni d’illuminazione e sommatorie termiche elevate, mediamente di 2.032 gradi giorno (indice di Winkler), che permettono il raggiungimento di un’adeguata maturazione delle uve. Nelle zone interne di collina, più limitanti, dove vi sono minori sommatorie termiche, ma raramente sotto i 1.700 gradi giorno, i migliori risultati si ottengono scegliendo le varietà tradizionali più idonee a tali ambienti, le esposizioni migliori e privilegiando prodotti meno colorati.
La zona a denominazione si interrompe a sud in corrispondenza di colli più elevati e con versanti
più ripidi, generalmente con quote superiori ai 600 metri, dove il clima si modifica e perde il
carattere continentale, e prevalgono suoli provenienti da rocce stratificate, tendenzialmente acidi:
condizioni che non permettono l’ottenimento dei caratteri enologici richiesti dalla denominazione.
La buona disponibilità idrica dei suoli della zona d’origine, legata all’entità delle precipitazioni, alla
natura dei suoli, in prevalenza alluvionali e profondi, e a locali disponibilità di acqua di falda,
permette l’ottenimento di prodotti con un buon contenuto di acidità, anche in acido malico,
necessari per la produzione dei tipici vini frizzanti e spumanti della zona, nonché degli altri vini
freschi prodotti tradizionalmente.
Dove la fertilità è minore, specialmente in aree depresse, con suoli a tessitura fine, caratterizzati da fenomeni di crepacciamento estivo, che inducono uno stress vegetativo a cui consegue una minor resa produttiva, i vitigni realizzano gradazioni più consistenti e minore acidità, ma maggiori
polifenoli; zone queste più idonee alla produzione di vini “novello”.
Le elevate escursioni termiche tra notte e giorno nel periodo di maturazione delle uve su tutta l’area delimitata, abbinate a terreni da moderatamente a molto calcarei, sub alcalini o alcalini, a tessitura fine o moderatamente fine, determinano l’ottenimento di vini profumati e dall’elevato contenuto in antociani e polifenoli, legati strettamente alle caratteristiche organolettiche descritte nell’art. 6.
La diffusione della viticoltura in quest’area, documentata dall’epoca romana al medioevo ai giorni
nostri, inscindibile dai particolari vitigni autoctoni presenti è prova di una stretta connessione tra i
fattori ambientali, umani e i vini ottenuti in queste terre.
L’evoluzione dell’enologia del territorio segue e si accompagna a quella dei vitigni tradizionali
della zona, in particolare ai lambruschi, presenti fin dall’antichità, come attestano i natali selvatici
di tali uve.
Su tutto il territorio delimitato è da sempre presente la vite, dalla pianura alla collina. Nel 1597
Andrea Bacci descrive l’importanza della viticoltura di queste zone, i cui vigneti si stendono a
perdita d’occhio, con viti maritate ad tutori vivi, i cui grappoli si allontanano dal suolo per salire
verso l’aria e il sole, la produzione di pregevoli vini, in prevalenza rossi, leggeri o più tipicamente
corposi, spesso aspri e acerbi, ma salutari, e di vini “frizzanti con bollicine”. Vincenzo Tanara nel
XVII sec., elogia i vini frizzanti e di buona acidità ottenuti dall’uva Lambrusca che “fà vino brusco,
maturo, piccante, raro”.
Dal 1800, Filippo Re, Claudio della Fossa e Claudio Roncaglia, elencano le numerose zone di
coltivazione della vite all’interno dell’area delimitata, dal comune di Reggiolo, poco più di 20 m
s.l.m., fino a comuni di alta montagna, ed i numerosi vitigni ivi diffusi.
Il Galloni, nel 1847, getta le basi della vitivinicoltura reggiana e del commercio dei vini della zona, indicando la necessità di ridurre i vitigni coltivati al fine di ottenere vini più costanti nelle annate e più identificabili, e di utilizzare le uve lambrusche per i vini rossi, soprattutto se destinati all’esportazione, in quanto:“ i vini tirati dalle lambrusche nostre e che perciò avevano da queste sole il loro sapore caratteristico erano tra i vini rossi i più piaciuti” e hanno ottimi risultati
qualitativi su tutto il territorio reggiano: “ne’ piani bassi, medj e ne’ colli com’è provato”. Già nel
1487, l’esportazione di vini ed altri prodotti enologici della zona è importante, con una produzione sul territorio reggiano circa un milione di quintali di uva.
Nel 1859 viene emesso il primo certificato d’origine controllata, per permettere il commercio di
vino nostrano prodotto a Olmo di Gattatico, sotto il Dominj estensi, verso i territori austriaci
(Bellocchi).
Nel 1876, Antonio Zanelli consiglia di puntare su “vini serbevoli da pasto con le uve migliori di
questo contado”, ottenendo vini graditi a tipo costante.
Dall’inizio del XX sec. la produzione di uva e vino tende a salire. Lo sviluppo dell’enologia va di
pari passo con lo sviluppo di cantine sociali, caratterizzati da impianti moderni di trasformazione,
che danno impulso e professionalità alla tecnica enologica e alla qualità del prodotto, che si
incaricano di controllare che i vini genuini prodotti, trasferiti nelle mani dei commercianti, non
siano oggetto di “tagli e intrugli” tali da rendere il vino irriconoscibile, e che puntano ad ottimizzare
la qualità della produzione in campo con una adeguata assistenza tecnica.
Nel 1922, Adelio Franceschini e Vittorio Premuda descrivono le tecniche di vinificazione, puntando
l’attenzione anche sull’importante produzione di mosti parzialmente fermentati o filtrati dolci, ed
evidenziando il pericolo di una sleale concorrenza tra i vini artificialmente gazati e gli spumanti
naturali come il lambrusco; enumerano poi le caratteristiche dei numerosi vitigni locali coltivati, più di sessanta. Il lambrusco è infatti un vino tradizionalmente ottenuto da l’unione di diversi vitigni, come rileva la denominazione “Lambrusco Reggiano” ufficializzata il 22-7-1971; un vino dal sapore caratteristico, dalla alta acidità, frizzante e profumato, e con un buon contenuto di alcool ed estratti.
Nel 1976 il Lambrusco prodotto nel reggiano, grazie alle Cantine Cooperative Riunite, è il vino
italiano varietale più esportato negli Stati Uniti, e tra i primi nel mondo.
Nel corso degli anni, successive modifiche portano alla denominazione in “Reggiano”, approvata
nel 1996, nella quale vengono specificate le zone di produzione insieme alle tipologie realizzabili,
in modo da legare i prodotti ottenibili alle zone più vocate, non solo per le caratteristiche naturali
ma anche per storia e tradizione.
In particolare, la zona geografica di produzione del “Reggiano” Rosso è un’area prevalentemente di pianura, sita ad oriente del torrente Crostolo, particolarmente vocata per la produzione di prodotti colorati, soprattutto per l’elevato contenuto di calcare delle terre delle aree rilevate e per
l’escursione termica del mese che precede la vendemmia, in cui trova la massima espressione il
vitigno Ancellotta. Tale vitigno, rinomato fin dal 1800 (Claudio della Fossa), il cui sinonimo
“Ancellotta di Massenzatico” si deve al nome dell’omonima località in comune di Reggio Emilia, si
diffonde e delinea storicamente l’area interessata dalla denominazione dove raggiunge contenuti
antocianici, polifenolici e aromi particolarmente elevati.
L’area delimitata delle tipologie Lambrusco Salamino e Bianco spumante, privilegiano terreni
alluvionali, pianeggianti, con altitudini inferiori ai 129 metri s.l.m., tali da garantire al contempo
sommatorie termiche mediamente superiori a 2100 gradi giorno, con temperature estive elevate e deficit idrici importanti in primavera ed estate, solo parzialmente mitigati dalla presenza di acqua di falda. Dalle aree morfologicamente rilevate più calcaree, soggette a minore stress idrico, si ottengono prodotti più acidi, leggeri, profumati e colorati. Più strutturati e meno colorati i prodotti ottenuti dalle aree depresse. Storicamente la zona del vitigno Lambrusco salamino si localizza più a est, verso il confine modenese, dove è più diffuso (A. Greco, 1968), mentre il Lambrusco Marani privilegia i comuni più a Nord, e ad ovest, nella pianura pedecollinare.
Da allora, si assiste ad un’evoluzione positiva della denominazione che punta alla produzione di
vini di sempre maggior pregio e qualità, come attesta la rinomanza acquisita dai vini DOC
“Reggiano”.

VITIGNI

* CABERNET SAUVIGNON N. (MAIN)
* ANCELLOTTA N. (MAIN)
** Fogarina N. (OTHER)
* MERLOT N. (MAIN)
** MARZEMINO N. (MAIN)
** MALBO GENTILE N. (MAIN)
* LAMBRUSCO VIADANESE N. (MAIN)
* LAMBRUSCO SALAMINO N. (MAIN)
* LAMBRUSCO OLIVA N. (MAIN)
* LAMBRUSCO MONTERICCO N. (MAIN)
* LAMBRUSCO MARANI N. (MAIN)
* LAMBRUSCO MAESTRI N. (MAIN)
* LAMBRUSCO GRASPAROSSA N. (MAIN)
* LAMBRUSCO DI SORBARA N. (MAIN)
** Lambrusco Barghi N. (OTHER)
* LAMBRUSCO A FOGLIA FRASTAGLIATA N. (MAIN)
* SANGIOVESE N. (MAIN)

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