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Pinot nero dell'Oltrepo' Pavese Doc

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Il Pinot nero dell'Oltrepo' Pavese Doc ha la composizione ampelografia composta da Pinot nero minimo 95 % ed altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, congiuntamente o disgiuntamente: fino a un massimo del 5%.
La zona di produzione comprende i comuni di Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de Giorgi, Rocca de Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo e per parte dei territori di questi altri comuni: Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella, Torricella Verzate. (provincia di Pavia)

L’area di produzione del “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” si colloca all’interno del bacino padano,
delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia. L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.


Analisi pedopaesaggistica
L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello
preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano
formazioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi.
I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò
Pavese, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate. Quelli del Pliocene si
limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello della
Battaglia, Torrazza Coste, Casteggio e in alcune zone più orientali (Montù Beccaria). Le formazioni mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne. Il piano più recente è dato dal Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa.
Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana,
Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Torricella Verzate e in
piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e
Godiasco. Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte
del Langhiano, costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo. I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei. Il passaggio all’Oligocene avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano, che ha notevoli estensioni nei dintorni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano. L’Oligocene, che forma un periodo di transizione fra Eocene e Miocene, non ha limiti ben definiti: si estende per circa 13.000 ettari su un vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo Versiggia, a Ruino e a Varzi. Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastante di calcare marnoso. Gli scisti galestrini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, comprende 16.000 ettari ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.


Geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, mentre dal punto di vista
agronomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche
omogenee sono:
• Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal
confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza,
inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi
costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare. Si tratta di depositi elastici incoerenti a
granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e
colore.
• Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in litofacies. È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati.
Affiora estesamente nella parte collinare della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido e prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana. Un altro affioramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.
• Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di
arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio.
Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e
argillosi, ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica. Nel primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale. Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argillose. Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltre padani, in particolare modo in quelli della zona centro-occidentale, dove riveste una certa importanza viticola.
• Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso: costituita da alternanze ritmiche di calcarimarnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5 a 70 cm. Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze modeste. La facile degradabilità dei litotipi più fini
favorisce la formazione di un’estesa coltre eluvio-colluviale che su pendii meno accentuati può
assumere anche spessori notevoli. Sono frequenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo i versanti più in pendio. Affiora estesamente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia importante e intensamente vitata, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino
attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso.
• Gessi: unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, che affiora su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite. Si riscontrano queste zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.

La radiazione solare
La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto.
L’Oltrepò è caratterizzato da un’estrema disomogeneità della distribuzione della radiazione sul
territorio collinare, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite. Mediamente l’area orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di valore di radiazione solare, compresa tra 2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati, che raggiungono spesso, valori di radiazione solare superiori a 2.750 MJ/m2 all’anno.


La temperatura dell’aria
Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua
presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa
1/2°C. L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la
fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferiore a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli
delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione termica.
Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22/24°C), così come le minime, che si verificano nei mesi di gennaio o febbraio e sono comprese fra i –8 e i – 13°C. Sono invece poco omogenee le massime mensili: a quote inferiori ai 500 m (circa 28/30°C) sono sensibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25/27°C).


Le precipitazioni
La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un minimo rispettivamente nei mesi di novembre (143 mm) e di luglio (47 mm). In media il mese più piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (121 mm).
La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che
aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da est verso ovest che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi ai confini con l’alessandrino (556 mm/anno). 


2. Fattori umani rilevanti per il legame
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine “Pinot nero dell’Oltrepò
Pavese”.
Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. Tale peculiare caratteristica rende l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro. 
Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un'importante testimonianza arriva dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato nei pressi di Casteggio, un tempo detta Clastidium. Strabone, nel I secolo A.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della botte. Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case. Nei secoli successivi s’incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di tale zone con il termine “eccellentissimi”.
L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei
danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel
periodo. E' sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.
Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, seppur non mancano produttori
collezionisti che hanno raccolto qualche testimonianza del passato, come Moradella, Uva della
Cascina o altro ancora. Nonostante tale decimazione, il panorama vinicolo oltrepadano è ancora
molto ricco, soprattutto per quanto concerne le tipologie di vino prodotte, tra cui quelle previste dal presente disciplinare di produzione.
Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto
che nel 1970 il vino Pinot nero vinificato in rosso è stato riconosciuto come tipologia all’interno
della DOC Oltrepò Pavese con DPR del 6 agosto e nel 2010 è stato riconosciuto come DOC a se
stante con decreto del 3 agosto.
L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è in particolare riferita alla puntuale definizione
dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di produzione:
• la base ampelografica dei vigneti: il vitigno idoneo alla produzione dei vini in questione è uno
fra quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata, il Pinot nero;
• le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura, anche per i nuovi impianti:
sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per
agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della
chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare;
• le pratiche relative all’elaborazione dei vini: sono quelle tradizionalmente consolidate in zona
per la vinificazione in rosso di vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia di
base e la tipologia riserva.


B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
La DOC “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” è riferita ad un unico vino, rosso fermo, anche nella
tipologia riserva. Dal punto di vista analitico ed organolettico esso presenta caratteristiche molto
evidenti e peculiari (descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e
tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
In particolare presenta caratteristiche chimico-fisiche equilibrate; alla vista si presenta rosso rubino più o meno intenso con sfumature amaranto e un’unghia aranciata; al naso intenso, netto con sentori di marasca, ribes nero, bacche di bosco, funghi secchi, prugna matura e frutta macerata in alcol, speziato; in bocca vellutato, fruttato, molto equilibrato, di struttura medio buona, morbido, caldo, dotato di persistenza aromatica e leggermente amarognolo.


C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)
Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione
realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza e dell’ERSAF, e conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte.
Le differenti vocazionalità territoriali prevedono l’individuazione di aree particolarmente adatte alla produzione di uve a bacca rossa. Le varie delimitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici. Ciononostante si può affermare che l’intero areale oltrepadano si presta alla coltivazione dell’uva Pinot nero per la produzione del vini “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”.


UNITÀ TERRITORIALE I
Caratterizzazione ambientale. Quest’area presenta valori di radiazione fotosinteticamente attiva
medi di 2.500 MJ/m2*anno e si sviluppa prevalentemente nelle fascia collinare intermedia. L’area
interessa prevalentemente i comuni di Mornico Losana, Pietra de’ Giorgi, Montù Beccaria,
Montalto Pavese e Borgo Priolo. Le altitudini sono in media comprese tra i 150 e i 350 m con aree a ottima esposizione e ottimo microclima, anche ad altitudini superiori (350 – 450 m). Le temperature risultano sostenute nelle ore centrali della giornata e specialmente nelle aree più elevate si riscontrano forti abbassamenti durante le ore serali e notturne, spesso accompagnati dalla presenza di brezze serali. L’esposizione dei versanti è principalmente verso sud/ovest (80%) con pendenze medie del 20%.
Vocazionalità. Area con ottime potenzialità per la produzione di uve per una vinificazione in rosso.
Le aree ad altitudini maggiori si contraddistinguono per l’elevato profilo aromatico, anche se con un minor potenziale varietale per struttura e colore, rispetto a zone poste ad altitudini inferiori.
Caratterizzazione vini. L’attitudine dell’unità permette una produzione di uve da rosso per vini
complessi e mediamente intensi. I sentori risultano ben amalgamati tra loro lasciando più spazio alle note di ciliegia e frutti rossi. In bocca il prodotto è mediamente acido, con tannini non aggressivi.


UNITÀ TERRITORIALE II
Paesaggio. L’area si estende nella prima fascia collinare tra Casteggio e Stradella ed è costituita da valli che si aprono a ventaglio sulla Pianura Padana; è caratterizzata da ripidi versanti e fitti crinali con substrati rocciosi relativamente soffici che risultano in buona parte lavorabili. La maggior parte dell’area è adibita alla coltivazione a vigneto.
Geologia. Il substrato è costituito prevalentemente da rocce calcaree limoso-argillose. Nell’area del Monte San Contardo e Santa Giuletta/Mornico Losana si riscontra un substrato di arenarie alternate a sabbie e limi.
Suoli. Il suolo si presenta con una tessitura da grossolana a media, con scarsa presenza di scheletro e moderatamente profondo. Sono presenti strati rocciosi profondi di facile lavorabilità. L’area è molto calcarea con pH alcalino e drenaggio buono.
Caratterizzazione ambientale. L’unità interessa esclusivamente la prima fascia collinare con
altitudini comprese tra 150 e 250 m; è caratterizzata da valori di radiazione fotosinteticamente attiva medi (PAR media: 2.250 MJ/m2 *anno) e da tenori pluviometrici compresi tra 750 e 860 mm/anno.
Le temperature medie annue sono molto differenti tra la pedecollina e le sommità. Il clima è condizionato dall’elevata inerzia termica del bacino padano che, con effetto tampone, mantiene nel corso di tutto l’anno temperature costanti. L’area è soggetta all’effetto del vento di föhn che
favorisce l’abbassamento dell’umidità dell’aria aumentando l’evapotraspirazione e la diminuzione
dell’acqua nel suolo. L’inverno è mite e induce una certa precocità nella ripresa vegetativa mentre
le estati sono molto calde. Data l’eterogeneità della distribuzione orografica delle valli non vi è una esposizione di versante prevalente; le pendenze sono importanti e possono assumere anche valori prossimi al 35%.
Vocazionalità. La fascia collinare a ridosso della pianura è particolarmente vocata per la
produzione di Pinot nero da vinificare in rosso con la massima espressione varietale per colore,
struttura e grado alcolico.
Caratterizzazione vini. L’ottima maturazione delle uve garantisce la massima espressione varietale producendo vini di struttura e complessi. L’ampiezza sensoriale è caratterizzata da note floreali di viola, da sentori di frutti rossi, di frutta cotta (prugna) e di vegetale secco (paglia). Alla
degustazione si percepiscono una grande corposità dovuta alla struttura e al buon grado alcolico e una limitata acidità complessiva.


UNITÀ TERRITORIALE III
Paesaggio. L’unità tocca la prima e la media collina dell’intero territorio oltrepadano, da Zenevredo a Torrazza Coste, cosa che comporta una vasta eterogeneità di paesaggi. Nella zona ad Est (Montù Beccaria) sono presenti dorsali ampiamente arrotondate con tratti subpianeggianti e aree collinari con pendenze a volte molto elevate. Il substrato risulta essere soffice con dominanza di limo-argilla, facilmente aggredibile dalle lavorazioni e in parte costituito, nell’area del comune di Stradella, da arenarie. Sovente le lavorazioni hanno portato alla decapitazione delle sommità dei crinali.
Nell’area ad ovest (Torrazza Coste) sono presenti dei terrazzi con substrato moderatamente alterato e ricoperto da coltri limose. La zona è caratterizzata anche da vallecole a fondo piatto e porzioni collinari caratterizzate da materiali fini. L’antropizzazione del territorio ha creato un paesaggio di versanti omogenei e nell’insieme ben raccordati.
Geologia. Nella zona est il substrato è in maggior parte di natura argillosa mentre nell’area a ovest è composto da matrici marno-limose con intrusione di strutture sciolte (ghiaia-sabbia).
Suoli. I suoli si presentano moderatamente profondi con scheletro variabile tra scarso e comune e con tessiture moderatamente fini. Le lavorazioni hanno spesso portato alla decapitazione dei dossi formando aree con limitata profondità e con affioramento di substrato inerte. Ai piedi dei versanti i suoli risultano essere più profondi. I suoli sono moderatamente calcarei con un pH alcalino. La capacità di drenaggio è mediocre.
Caratterizzazione ambientale. La zona è contraddistinta da valori di radiazione fotosinteticamente
attiva di circa 2.300 MJ/m2*anno e si sviluppa prevalentemente nella fascia collinare a ridosso della pianura con altitudini comprese tra i 150 e i 250 m; si hanno regimi pluviometrici superiori a 850 mm/anno nella parte orientale e tra 700-800 mm/anno ad occidente. Le caratteristiche climatiche sono simili a quelle evidenziate nell’Unità II, con la differenza che la fascia centrale, essendo più lontana dalla pianura, risulta essere leggermente meno calda e non soggetta all’effetto diretto dei venti caldi e secchi. L’esposizione dei versanti è prevalentemente verso nord e ovest con pendenze inferiori al 20%.
Vocazionalità. Unità adatta alla produzione di uve per vinificazioni in rosso con un buon rapporto
tra maturazione tecnologica e fenolica.
Caratterizzazione vini. Le alte temperature permettono di ottenere vini rossi di buona struttura,
particolarmente equilibrati il cui profilo è esaltato dalle note fruttate di ciliegia e frutti rossi e in cui non manca uno spiccato sentore di viola e speziato.
Si riporta di seguito qualche accenno sull’interessante storia del vitigno Pinot nero e su come questa si intrecci indiscutibilmente con l’Oltrepò Pavese. 
Probabilmente l’origine del Pinot può essere fatta risalire al III-IV secolo dopo Cristo, come appare da un documento di ringraziamento all’imperatore Costantino del 312, da parte degli abitanti della città di Autun, dove viene citato un vigneto famoso per la sua qualità nel pagus Arebrignus, nella Côte de Nuits. Alla caduta dell’Impero Romano segue un periodo di silenzio, che corrisponde ad un periodo di decadenza economica e politica. Solo con il governo dei Franchi e di Carlo Magno, che assegna le terre coltivabili e da bonificare agli ordini monastici, benedettini in primis, si assiste al recupero dei vecchi vigneti decadenti ed alla creazione di nuovi con il materiale genetico che si era originato spontaneamente da seme. L’opera dei monaci nella selezione e diffusione del vitigno nato per caso è in questa fase provvidenziale ed il Pinot nero, sebbene con altri nomi, vede finalmente la luce.
Ad onor del vero Columella, nella sua opera “De Re Rustica”, aveva molti secoli prima descritto un vitigno selezionato dai celti di Allobrogia, a foglie rotondeggianti, tipiche delle viti selvatiche, che sopporta il freddo, il cui vino si conserva con l’invecchiamento e che ama i terreni magri per la sua elevata fertilità, caratteristiche che corrispondono perfettamente a quelle del Pinot nero che conosciamo oggi.
Nel XIV secolo compare il termine di “Pynos” usato da E. Deschamps nella ballata della “Verdure
des Vins” e poco tempo dopo in uno scritto borgognone, si parla di Pinoz al plurale per indicare la
grande famiglia varietale. Da allora le citazioni si moltiplicano. L’Ottocento, con lo sviluppo degli
studi ampelografici, mette in evidenza una caratteristica originale di questo vitigno: la sua grande
variabilità intravarietale che consente di identificare e descrivere più di cinquanta tipologie di
Pinots, differenti per la morfologia fogliare, per colore della bacca, del succo, della produttività,
della precocità e per il nome del selezionatore.
In Italia, malgrado il Pinot nero sia un vitigno adattato soprattutto alle regioni temperato-fresche, si diffonde lungo tutta la Penisola fino alla Sicilia a partire dalla fine del 1800 per la sua costante
produttività e per l’elevato tenore zuccherino. La valutazione delle sue doti enologiche è però molto sommaria perché di norma viene vinificato assieme ad altre varietà ed a causa della sua precocità di maturazione nelle regioni meridionali o comunque negli ambienti più caldi, subisce l’assalto degli uccelli o quello del marciume grigio. Per questi motivi con la seconda ricostruzione postfillosserica la sua diffusione nel nostro paese subsce una drammatica contrazione e la sua coltivazione si attesta principalmente in Oltrepò Pavese.
In breve, se l’origine del moderno Pinot nero è la Francia, (nonostante alcuni ampelografi ipotizzino la presenza dei genotipi originari del Pinot già presenti sulle colline oltrepadane dal tempo dei romani), da cui sono giunti intorno alla metà dell’800 i ceppi coltivati ancora oggi, in Italia solo in Oltrepò Pavese il vitigno ha trovato il suo habitat ottimale.
I primi impianti si effettuano a Rocca de’ Giorgi nel 1865 per opera del Conte Carlo Giorgi di
Vistarino. Se il vitigno in oggetto si identifica storicamente per la produzione di uve finalizzate alla spumantizzazione, è pur vero che dagli anni cinquanta del secolo scorso qualche produttore ha intuito la possibilità di poter vinificare anche in rosso tali uve. Il primo ad ottenere risultati
qualitativi degni di nota è stato il Dr. Carlo Dezza di Montecalvo Versiggia emulato, a breve, dalla
Dr.ssa Giuseppina Quaroni di Montù Beccaria. Con l’adeguato supporto della ricerca scientifica,
l’identificazione dei cloni ottimali, la scelta del terreno, del microclima e delle adeguate operazione colturali, una nuova importante realtà viticola ha caratterizzato il territorio dell’Oltrepò Pavese.
Il Pinot nero è passato dai circa 600 ettari coltivati intono agli anni ’60 ai circa 2.800 del 2010 (in
Italia si stima una superficie totale a Pinot nero di poco inferiore ai 4.000 ettari). E’ presente un po’ in tutto l’Oltrepò anche se è soprattutto coltivato in Valle Versa, Valle Scuropasso e a Montalto
Pavese.
Molti sono i problemi di natura colturale e compositiva che fanno del Pinot nero un vitigno molto
difficile da coltivare e da vinificare, quali il vigore elevato delle viti che complicano la gestione della chioma, la sensibilità alla botrite ed all’oidio, la difficoltà di avere una maturazione fenolica
contemporanea nelle bucce e nei vinaccioli che spesso è alla base di un contenuto nel vino di
tannini poco polimerizzati, la mancanza di antociani esterificati che rende il colore poco stabile e
che tende con l’invecchiamento all’aranciato, la facilità con la quale accumula gli zuccheri nell’uva
che comporta un ridotto contenuto in acidi nel mosto. In vinificazione è spesso vittima
dell’acescenza se non si gestisce in modo corretto il cappello. Sono dimostrati sia il ruolo più
favorevole delle follature nei confronti dei rimontaggi nell’estrazione del colore e dei tannini meno
aggressivi, sia il vantaggio che comporta nella complessità sensoriale la malolattica in barrique nei confronti di quella in acciaio. È quindi un vitigno capriccioso che si esprime in vini ineguagliabili solo in ambienti dalle caratteristiche molto particolari e che per questo non può essere paragonato al Cabernet o allo Chardonnay per la loro capacità di adattamento a climi molto diversi. Inoltre esige sia in vigneto, prima nella scelta dei cloni e quindi nel controllo della produzione per ceppo, sia in cantina nelle attenzioni durante la vinificazione, una cura maniacale fatta di accorgimenti e soluzioni, tenute accuratamente segrete dal produttore. Per queste sue caratteristiche è il vitigno che meglio sa esprimere nel vino i segreti più intimi di un terroir e la sensibilità interpretativa del vinificatore.
Il vino “Pinot nero” vinificato in rosso è sempre stato una tipologia della DOC “Oltrepò Pavese”,
sin dalla nascita avvenuta nel 1970. Nel 2010 con Decreto Ministeriale del 3 agosto esso si è elevato a Denominazione di origine Controllata autonoma, con il nome di “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”, denominazione che sottolinea il profondo legame con il territorio da cui nasce. 

VITIGNI PRINCIPALI

PINOT NERO N.

 

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