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Rosazzo Docg

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La Docg Rosazzo è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti dai vigneti aventi, nell’ambito  ziendale, la seguente composizione ampelografica Friulano: per almeno il 50%; Sauvignon: dal 20% al 30 %; Pinot bianco e/o Chardonnay

Le uve destinate alla produzione dei vini a D.O.C.G. “Rosazzo” devono essere prodotte nella zona di produzione che comprende in tutto o in parte il territorio comunale di: Manzano, San Giovanni al Natisone e Corno di Rosazzo, in Provincia di Udine – Regione Friuli Venezia Giulia.

Informazioni sulla zona geografica.
1. Fattori naturali rilevanti per il legame.
L’areale di produzione della D.O.C.G. “Rosazzo”, si sviluppa nella zona collinare a cavallo tra i comuni di Manzano e San Giovanni al Natisone, con una piccolissima propaggine nel comune di Corno di Rosazzo, tutti ricompresi nella provincia di Udine, nella parte meridionale della DOC “Friuli Colli Orientali”.
L’area è formata prevalentemente da terreni di origine eocenica, rappresentati da marne (argille calcaree) ed arenarie (sabbie calcificate). La presenza alternata di queste due componenti porta a definire questo tipo di suolo come “flysch”, mentre la terminologia locale lo identifica con il termine “ponca” (che letteralmente corrisponde a marna). Le marne prevalgono sulle arenarie.
Questo porta ad una singolare particolarità di questo tipo di terreno, il quale, pur avendo consistenza rocciosa, risulta molto fragile e si sgretola facilmente ad opera di agenti atmosferici o meccanici, fino a raggiungere consistenza argillosa, i valori analitici hanno evidenziato la presenza un terreno franco-limoso-argilloso a reazione mediamente alcalina.
Il contenuto in calcare totale è abbastanza basso mentre quello attivo è nella norma. Il terreno presenta uno scarso contenuto di azoto, medio-basso di potassio ed uno scarsissimo contenuto di
fosforo. Il calcio si attesta su valori molto elevati, mentre il contenuto di magnesio è medio.
Il rapporto C/N è medio, ed indica un sostanziale equilibrio tra mineralizzazione ed umificazione della sostanza organica.
La capacità di scambio cationico (C.S.C.) è medio/bassa e per questo il terreno presenta una ridotta capacità di mantenere la proprio fertilità chimica e di garantire l’efficienza degli interventi di fertilizzazione del terreno, in quanto ha una scarsa capacità di trattenere gli elementi minerali apportati.
La compattezza del terreno marnoso non è elevata e questo, unito ad una permeabilità piuttosto scarsa, evidenzia una certa erosione per via dello scorrimento superficiale delle acque. Per questo
motivo gli impianti viticoli vengono “modellati” in modo da avere un’elevata stabilità, portando alla necessità di ricorrere a frequenti terrazzamenti e giropoggi. Inoltre viene prestata particolare
attenzione ai sistemi di drenaggio e di scarico delle acque piovane, al fine di tutelarsi contro il rischio di smottamenti e di frane. Tutto questo porta ad un’elevatissima onerosità nella preparazione dei terreni destinati alla viticoltura.
La temperatura media durante il periodo vegetativo è pari a 18,6°C, mentre le precipitazioni medie durante il periodo vegetativo sono pari a 915 mm con un picco per il mese di settembre che rappresenta il mese più piovoso con circa 156 mm mentre il mese più secco è rappresentato da giugno con un precipitazione di 111 mm.
La somma termica dal 1 aprile al 31 ottobre è pari a 1834°Cd contro 1806°Cd della media della provincia, il che porta ad un anticipo fenologico di 5 giorni sulla media fenologica provinciale; tale
dato, calcolato tramite il metodo dei gradi giorno, è peraltro confortato dalle osservazioni in campo del servizio di assistenza tecnica.
Considerando i dati medi annui, la temperatura media annua è pari a 14,2°C, contro una media provinciale di 14°C, le precipitazioni annue sono pari a 1290 mm annui contro 1360 mm annui della media della provincia.
Le caratteristiche climatiche sono dunque improntate ad una maggiore mitezza delle temperature e a una minore quantità delle precipitazioni, dovute alla posizione geografica, più prossima al mare e più lontana dalle catene montuose rispetto alle altre località delle DOC provinciali.


2. Fattori umani rilevanti per il legame.
La tradizione vitivinicola della zona è di grande importanza e rilievo storico; la sinergia con l’Abbazia di Rosazzo, centro religioso, culturale, politico e sociale che sorge nel cuore della denominazione, ha reso anche possibile la documentazione della produzione vinicola negli ultimi mille anni.
La funzione trainante svolta dall’Abbazia condizionò positivamente sin dall’antichità lo sviluppo di queste zone ed è documentato come “l’allargamento delle zone agrarie collinari si diresse verso le colture che maggiormente potevano trarre profitto dalle particolari condizioni climatiche e pedologiche di questi terreni: i vigneti e i frutteti in coltura promiscua si inserirono prepotentemente nel paesaggio boschivo di queste colline” (Gaspari 1976).
Da un documento datato 20 gennaio 1341 si legge che “Il Patriarca Bertrando minaccia la scomunica ad alcune persone, le quali, dopo aver occupato una selva dell’Abbazia di Rosazzo, non volevano piantare le viti”; è uno dei documenti che attestano la vocazione per la coltura della vite di Rosazzo. Gli agostiniani prima, poi i Benedettini e quindi i Domenicani, fecero dei vini di queste terre una costante fonte di sostentamento economico, rendendoli tanto famosi da essere serviti alla mensa imperiale.
La Serenissima Repubblica di Venezia, insediatasi a Rosazzo nell’estate del 1420, contribuì non poco a far conoscere i vini friulani, sia per le numerose relazioni pubbliche, commerciali e diplomatiche che essa intratteneva, sia per il grande consumo nella città, dove ricevimenti e feste
erano eventi quotidiani.
La DOCG “Rosazzo” è stata riconosciuta con D.M. 14 ottobre 2011, in seguito all’elevazione della sottozona “Rosazzo” che faceva già parte della DOC “Colli Orientali del Friuli”.
Base ampelografica dei vigneti: l’articolo 2 definisce i vitigni che concorrono alla produzione del vino “Rosazzo” che sono il Friulano, il Sauvignon, il Pinot Bianco o Chardonnay, la Ribolla gialla, e altre varietà a bacca bianca raccomandate e autorizzate per la provincia di Udine.
Norme per la viticoltura: l’obiettivo del disciplinare è quello di ottenere un’elevata qualità delle uve che poi, si trasformerà in un’altrettanta elevata qualità nei vini.
Nell’ambito della DOCG “Rosazzo” si rinvengono in generale pratiche agricole comuni alla DOC “Friuli Colli Orientali”; tuttavia la tendenza al costante miglioramento della qualità porta a densità di piantumazione elevate ed all’adozione di forme di allevamento a spiccato contenimento quantitativo ed incremento qualitativo quali il guyot, il cordone speronato ed il doppio capovolto Per questo motivo le forme di allevamento e i sistemi di allevamento devono essere quelli generalmente usati per assicurare le migliori caratteristiche delle uve e dei vini. Devono considerarsi idonei unicamente i vigneti ubicati in terreni di favorevole giacitura ed esposizione. Per i nuovi impianti la densità minima dovrà essere di 4000 ceppi per ettaro con un tetto massimo di produzione di 8 tonnelate per ettaro, le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo del 11,5% vol.
La resa massima di uva in vino deve determinare un quantitativo di vino per ettaro atto per l'immissione al consumo non superiore a ettolitri 56.
Norme per la vinificazione: le pratiche enologiche consentite sono solo quelle idonee a conferire ai vini “Rosazzo” le caratteristiche di tipicità e di qualità tradizionali tali da consentire l’ottenimento di vini fini, eleganti, fruttati e floreali, gradevoli ed armonici che rispecchiano le caratteristiche varietali dalle quali traggono origine.
La vinificazione dei vini deve essere effettuata nell'interno della zona di produzione delimitata nell'art. 3, tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali, e' consentito in deroga che tali operazioni vengano effettuate nel restante territorio dei comuni di San Giovanni al Natisone, Manzano e Corno di Rosazzo, nonchè nei comuni a questi confinanti.


B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.
La DOCG “Rosazzo” si riferisce ad un’unica tipologia di vino bianco che, dal punto di vista analitico ed organolettico, presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
In particolare questo vino ha una grande personalità con un equilibrato tenore di acidità, un colore giallo paglierino più o meno intenso, il profumo è caratteristico e delicato il sapore è secco,
armonico, e vinoso.
Al sapore, questi vini, che hanno un grande spessore, sono ricchi e setosi, raffinati ed eleganti. 
Hanno la costanza qualitativa tipica dei grandi cru che gli permettono di raggiungere nelle annate più favorevoli, dei picchi qualitativi di primissima grandezza ed un lungo, prezioso invecchiamento.

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).
La morfologia delle colline di Rosazzo è straordinariamente ‘plastica’ anziché “rigida”: è complessa, morbida, modellata, tutta a dolci protuberanze e dolci insenature, convessità e concavità.
Si vedono in questa zona, ammirando, le vigne continuamente ‘girare’ nel sole. Le loro terrazze, erbose e spaziose, una sull’altra come ampli e molli inviti di immani scalee, si vedono disegnare continui e perfetti semicerchi, offrendosi al mezzogiorno oppure accogliendolo, secondo che, lungo le sue sinuosità, la sezione della collina si protenda o rientri.
L’ambiente di Rosazzo è stato plasmato dall’uomo con molta sapienza, nel rispetto degli equilibri naturali.
La presenza di molti boschi (l’area Nord è coperta per la sua totalità e vi si trovano castagni e querce più che secolari, oltre a ciliegi selvatici, noccioli, noci, robinie) ne è la più tangibile conferma.
Lo sguardo attraversa la pianura sottostante e si spinge fino al mare, creando un magico effetto di libertà e profondità.
Quello che più colpisce a Rosazzo è la luce: una luce a volte violenta, ma anche dolce e conturbante, pulita, tersa, e decisa, che illumina la natura in maniera esuberante.
La storia di Rosazzo è antica e inizia prima del mille quando degli eremiti si stabilirono sul colle Santa Caterina, sarà poi la costruzione dell’Abbazia di Rosazzo avvenuta tra il 1068 ed il 1070 a far entrare nella storia friulana la località. Il Monastero, fondato dagli Agostiniani, e subito dopo lungamente detenuto dai Benedettini ed infine dai Domenicani fu, oltre che importantissimo centro
religioso, anche il maggior punto di riferimento vitivinicolo del Friuli orientali.
La basilica di Rosazzo fu dunque al centro di una rinnovata vivacità agraria, sostenuta anche dalla
sua sempre maggiore potenza ed i cui possedimenti arrivavano fino a Capodistria, alla Valle del Vipacco, comprendendo quasi tutta l’area collinare che oggi è al vertice della qualità dei vini friulani.
La funzione trainante nello sviluppo agricolo che i monaci assunsero è nota non solo in Friuli, ma in tutta l’Europa.
L’Abbazia di Rosazzo, questa funzione la esercitò incessantemente, Gaetano Perusini scrisse che “nel Rinascimento la fama dei nostri vini specialmente per quelli prodotti sui colli di Rosazzo, dura
vivissima”.
In De naturali vino rum historia del Bacci, scritto nel 1595, testo che Hugh Johnson definisce “molto citato” ricorda che i tedeschi stimavano il vino di Rosazzo più di quanto non fosse stimato il Falerno dai Romani ed aggiunge che era bevuto anche alla mensa imperiale.
Fino al 1716 continua la tradizione che collocava il vino di Rosazzo al vertice della qualità, un ‘reportage’ dell’epoca, a firma di Marin Sanudo raccolto nel suo “Itinerario per la terra ferma” nel 1483, racconta che “..cavalcando per monti si arriva a la Badia di Rosazzo el quale è un castelletto situato sopra un monte… Erra solum VI frati di l’Hordenne di San Bendeto (i Benedettini avevano lasciato l’Abbazia nel 1423)…”
E con una notazione lapidaria scriveva: “Qui è perfettissimi vini” per concludere “…et, ut dicitur, ivi sono li mior de Italia”.
Anche una canzone popolare documenta la fama di Rosazzo e dei suoi buoni vini.
Durante la guerra austro-veneta conclusa nel 1516, le truppe imperiali, guidate dal Duca di Brunswick, appena passate le Alpi, si accampano a Rosazzo ed un cantastorie dell’epoca intona così il suo dire nelle piazze: Ritornato o di scortese/imbriagi e vil canaglia/vostre arme si non taglia/a voler con nui contese/…Vui venivi alla chaza/per trachanare la bon vino/el primo salto fo Rosaza/cul subiol a tamburino/chi alle botte, che al tino/discorendo il paese. Finita la recitazione, il cantastorie vendeva agli spettatori una stampa con la sua poesia (la stampa è conservata presso la Biblioteca comunale di Udine).
Rosazzo è dominato dall’omonima Abbazia, che dal 29 giugno 1995 dopo un lungo e prezioso restauro, è stata completamente riaperta al culto.
La basilica, romanica, a tre navate, ha l’abside affrescata dal Torbido e dà sul cinquecentesco chiostro nel quale si possono ammirare due bifore dalla fine del 1300 riportate alla luce durante i recenti restauri, una delle quali dipinta all’interno e che illuminano la sala del Capitolo dal quale si
accede ad uno dei panorami più emozionanti e significativi sulla disposizione del “Vigneto chiamato Friuli”. Lo sguardo, inseguendo i vigneti, che disegnano le colline, corre sulla pianura per sfociare poi nei bagliori della laguna. All’interno dell’Abbazia, è custodita gelosamente una tra le più antiche cantine della regione, in cui, le botti di rovere, riposano come sospese in un etereo anfratto all’interno delle grandiose mura di cinta.
Negli ultimi mille anni la zona di Rosazzo e la sua produzione vitivinicola hanno rappresentato quindi un punto di riferimento per l’intera vitivinicoltura friulana. La coltivazione inoltre ha potuto vivere una straordinaria continuità grazie soprattutto alla presenza dell’Abbazia di Rosazzo: così come altri importanti centri di culto ed in diverse epoche l’Abbazia ha potuto garantire la presenza della vite anche nei momenti più bui della storia, sia per il diretto coinvolgimento nella produzione dei religiosi, non coinvolti nelle guerre ad esempio, che grazie alla centralità del vino nel rito dell’eucaristia, per questo necessario.

VITIGNI

Chardonnay (MAIN)
* SAUVIGNON B. (MAIN)
** Tocai Friulano B (OIV)
** Ribolla Gialla B (OIV)
* PINOT BIANCO B. (MAIN)

 

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