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Pitina Igp - Disciplinare di produzione 2023

Pubblicato da disciplinare
Pitina Igp

Disciplinare di produzione della IGP Pitina, nella stesura  risultante, a seguito della pubblicazione del regolamento di esecuzione della Commissione (UE)  2023/108, nella Gazzetta Ufficiale dell'UE - serie L 13 del 16 gennaio 2023. 

MINISTERO DELL'AGRICOLTURA, DELLA SOVRANITA' ALIMENTARE E DELLE FORESTE
PROVVEDIMENTO 24 gennaio 2023  

Modifica non minore del disciplinare di produzione dell'indicazione geografica protetta «Pitina». (23A00534)

(GU n.28 del 3-2-2023)
 
 


IL DIRIGENTE DELLA PQAI IV
della direzione generale per la promozione
della qualita' agroalimentare e dell'ippica

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive
modifiche ed integrazioni, recante «Norme generali sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni» ed in
particolare l'art. 4, comma 2, e gli articoli 14, 16 e 17;
Visto il regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 21 novembre 2012 sui regimi di qualita' dei prodotti
agricoli e alimentari;
Considerato che e' stato pubblicato il Documento unico modificato,
a seguito dell'approvazione di una modifica non minore ai sensi
dell'art. 53, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1151/2012, nella
Gazzetta Ufficiale dell'UE - serie C 312 del 17 agosto 2022;
Considerato che e' stato pubblicato il regolamento di esecuzione
della Commissione (UE) 2023/108, nella Gazzetta Ufficiale dell'UE -
Serie L 13 del 16 gennaio 2023, con il quale la modifica non minore
del disciplinare della IGP e' stata approvata;
Ritenuto che sussiste l'esigenza di pubblicare nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana il relativo disciplinare di
produzione affinche' le disposizioni contenute nel predetto documento
siano accessibili per informazione erga omnes sul territorio
nazionale;

Provvede:

Alla pubblicazione dell'allegato disciplinare di produzione della IGP Pitina, nella stesura  risultante, a seguito della pubblicazione del regolamento di esecuzione della Commissione (UE)  2023/108, nella Gazzetta Ufficiale dell'UE - serie L 13 del 16 gennaio 2023. 
I produttori che intendono utilizzare la IGP Pitina, sono tenuti al rispetto dell'allegato  disciplinare di produzione e di tutte le condizioni previste dalla normativa vigente in materia. 
Roma, 24 gennaio 2023

Il dirigente: Cafiero

Disciplinare di produzione dell'indicazione geografica protetta Pitina

Art. 1.

Denominazione del prodotto

L'indicazione geografica protetta - I.G.P. - a denominazione
«Pitina» e' riservata al prodotto che risponde alle condizioni ed ai
requisiti stabiliti nel presente disciplinare.

Art. 2.

Descrizione del prodotto

1. La «Pitina» e' ottenuta da un impasto costituito da:
una frazione prevalentemente magra di carne di una delle
seguenti specie animali: ovino, caprino, capriolo, daino, cervo,
camoscio;
una frazione prevalentemente grassa di pancetta o spallotto di
suino.
La «Pitina» viene preparata, affumicata e stagionata nel
territorio indicato all'art. 3.
2. La «Pitina» esternamente si presenta di forma semisferica, di
colore compreso tra il giallo dorato ed il giallo bruno; il colore
interno al taglio e' compreso tra il rosso vivace ed il bordeaux
carico con la parte piu' esterna piu' scura. Al taglio l'impasto si
presenta magro con grana molto fine. Il sapore e' complesso e sapido
con un caratteristico aroma di fumo.
3. La «Pitina» ha peso compreso tra i 100 e i 300 grammi. Viene
commercializzata intera, confezionata sottovuoto o in atmosfera
modificata.
4. La «Pitina» al momento dell'immissione al consumo presenta le
seguenti caratteristiche chimicofisiche:


=================================
| umidita  | < 55%  |
+=================+=============+
|Sale  |< 5,3%  |
+-----------------+-------------+
|Proteine |< 38%  |
+-----------------+-------------+
|Nitrati  |< 100 mg/kg  |
+-----------------+-------------+


Art. 3.

Zona di produzione

1. La «Pitina» e' ottenuta esclusivamente nel territorio comunale
dei Comuni di Andreis, Barcis, Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Erto
Casso, Frisanco, Maniago, Meduno, Montereale Valcellina, Tramonti di
Sopra e Tramonti di Sotto.
2. Tutta la zona di produzione rientra nella Regione autonoma
Friuli Venezia Giulia, Provincia di Pordenone.

Art. 4.

Prova dell'origine

1. Il processo produttivo deve essere monitorato documentando per
ognuna delle fasi gli input e gli output. In questo modo, e
attraverso l'iscrizione in appositi elenchi, gestiti dall'organismo
di controllo, dei macellatori e/o sezionatori, dei trasformatori e
dei confezionatori, nonche' attraverso la dichiarazione tempestiva
alla struttura di controllo delle quantita' prodotte, e' garantita la
tracciabilita' del prodotto. Tutte le persone, sia fisiche che
giuridiche, iscritte nei rispettivi elenchi, saranno assoggettate al
controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto
disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di
controllo.

Art. 5.

Metodi di ottenimento

§.1

Materia prima

1. La materia prima per la lavorazione della «Pitina» e'
costituita da carne di ovino o di caprino o di selvaggina ungulata
limitatamente alle specie capriolo, daino, cervo, camoscio per la
frazione prevalentemente magra e da pancetta e/o spallotto di suino
per la frazione prevalentemente grassa.
2. La materia prima e' approvvigionata dai macelli o da
laboratori di sezionamento ed e' consegnata ai trasformatori allo
stato fresco, in condizioni di refrigerazione, con temperatura
compresa tra -1 e +7°C misurata al cuore della massa; non e' ammessa
carne separata meccanicamente.
3. La materia prima presenta i seguenti requisiti:
a) colore e caratteristiche della carne: colore rosso del
magro, assenza di grasso di copertura e di microemorragie o di
ematomi;
b) colore e caratteristiche della pancetta e/o spallotto di
suino: colore rosso-rosato del magro e bianco candido del grasso.

§.2

Fasi e metodi di lavorazione

1. Le fasi attraverso le quali e' eseguita la lavorazione della
«Pitina» sono le seguenti:
mondatura;
macinazione;
impastatura;
affumicatura;
asciugatura;
stagionatura.
2. Per la fase di mondatura le carni vengono disossate, sgrassate
e private dei tendini. La pancetta e/o spallotto di suino deve essere
mondata della cotenna e privata di eventuali sfilacci di grasso non
compatto.
3. Le carni cosi' ottenute vengono tritate in attrezzature idonee
al fine di ottenere un impasto omogeneo. La tritatura deve essere
effettuata con piastre aventi il diametro dei fori compreso tra 4,5 e
7 millimetri. La materia prima carnea deve osservare le seguenti
percentuali di composizione:

Parte di provvedimento in formato grafico

4. La componente magra deve essere costituita con carni di
un'unica specie animale compresa tra quelle indicate al punto 1 del §
1.
5. Il trito cosi' ottenuto viene impastato con la concia.
Quest'ultima e' costituita in una miscela di sale marino o di
salgemma ovvero da una miscela tra i medesimi, associata a pepe,
aglio, vino ed erbe aromatiche con l'uso facoltativo di nitriti e
nitrati. Le erbe aromatiche ammesse sono: ginepro, kümmel o finocchio
selvatico, semi di finocchio, achillea muscata. La concia osserva
inoltre la composizione in grammi per chilogrammo di impasto carneo
riportata nella tabella che segue:


===========================================================
| Componente | Minimo   | Massimo  |
+=====================+=================+=================+
|Sale | 15,0 |  32,0|
+---------------------+-----------------+-----------------+
|Pepe | 1,5 | 3,0 |
+---------------------+-----------------+-----------------+
|Aglio   | 1,0 | 3,0 |
+---------------------+-----------------+-----------------+
|Vino rosso secco   | 10,0 | 30,0 |
+---------------------+-----------------+-----------------+

Dall'impasto cosi' ottenuto si elaborano singoli agglomerati a
forma semisferica del peso variabile tra i 150g e i 400g.
La superficie esterna degli agglomerati viene cosparsa di farina
di mais fino ad ottenere una impanatura omogenea.
6. Gli agglomerati cosi' ottenuti sono collocati in appositi
ambienti dove ha luogo l'affumicatura. Il fumo e' prodotto dalla
combustione di legno o segatura di legno di faggio, carpine o alberi
da frutto.
L'operazione di affumicatura che puo' essere alternata con
l'asciugatura ha una durata variabile tra le quattro e le quarantotto
ore, nel corso delle quali viene alimentata la combustione per un
periodo complessivo di durata compresa tra tre e dodici ore. Durante
la combustione l'ambiente di affumicatura non deve superare i 30°C.
L'affumicatura deve essere effettuata prima della stagionatura.
7. Dopo l'avvio dell'affumicatura il prodotto subisce un processo
di asciugatura al fine di favorirne l'essiccamento e la diffusione
della concia nella massa carnosa. Tale fase ha durata compresa tra
due e otto giorni computati a partire dall'ora di inizio asciugatura,
nel corso dei quali il prodotto viene mantenuto in ambienti a
temperatura compresa tra 10 e 18°C e umidita' variabili tra 50 e 85%.
8. Al termine delle operazioni di asciugatura il prodotto e'
riposto nei locali dove ha luogo la stagionatura. La stagionatura
avviene in ambienti muniti di aperture verso l'esterno per consentire
sia la ventilazione che il ricambio dell'aria, in condizioni di
temperatura comprese tra i 3 e i 18°C e di umidita' variabile tra il
60 ed il 90%. Tali locali devono essere muniti di attrezzature idonee
a mantenere il giusto equilibrio e le caratteristiche
termo-igrometriche prescritte anche in funzione dei fattori climatici
presenti nell'area di elaborazione.
9. La «Pitina» puo' essere messa in commercio non prima che siano
trascorsi trenta giorni dall'inizio della lavorazione, intesa come
data di impasto.

§.3

Confezionamento del prodotto

1. Al termine della fase di stagionatura la «Pitina» puo' essere
confezionata per la commercializzazione nelle tipologie descritte
all'art. 2.
2. Le operazioni di confezionamento della «Pitina» possono essere
effettuate esclusivamente in laboratori situati nel territorio
descritto all'art. 2 e nel medesimo contesto della lavorazione.
Limitare il confezionamento al contesto di lavorazione della «Pitina»
e' necessario al fine di garantire il mantenimento della specificita'
del prodotto. A differenza di altri prodotti stagionati, la «Pitina»
non prevede una fase di insacco in budello dell'impasto. L'unico
agente «avvolgente» e protettivo e' costituito dalla farina di mais
presente sulla superficie dell'impasto agglomerato a forma
semisferica. Pertanto, confezionare il prodotto nel medesimo contesto
della lavorazione evita sia la perdita della forma della «Pitina»,
sia un indurimento eccessivo del prodotto dovuto alla permanenza del
prodotto in ambienti con condizioni di umidita' e temperatura non
controllati.

Art. 6.

Elementi che comprovano il legame con il territorio

1. Il territorio di produzione della ««Pitina»» sotto il profilo
geografico si identifica in tre valli denominate Valcellina, Val
Colvera e Val Tramontina, inserite nel comprensorio montuoso
soprastante l'alta pianura friulana occidentale, racchiuso tra il
corso dei fiumi Tagliamento e Piave. Parte del territorio ricade nel
comprensorio del Parco naturale Dolomiti friulane.
2. Si tratta di un territorio storicamente contrassegnato da
poverta', emigrazione e da un'economia di sopravvivenza, nella quale
la carne era un bene prezioso e dove erano rarissime le tracce
dell'allevamento del maiale, lusso che in queste valli non ci si
poteva permettere; la provvista di proteine animali derivava dalle
carni di pecore e capre macellate per raggiunti limiti di eta' o
perche' ferite o cadute in un dirupo ovvero, saltuariamente, da carni
di selvaggina ungulata frutto di caccia esercitata quasi sempre di
frodo.
3. La necessita' di conservare il piu' a lungo possibile
soprattutto per i mesi invernali la poca carne disponibile ha fatto
evolvere tecniche di conservazione, del resto comuni a tutto l'arco
alpino e all'area del nord Europa, tra le quali l'affumicatura e la
stabilizzazione con l'aggiunta del grasso di suino.
4. Nel caso della «Pitina», le carni che non venivano consumate
subito e, piu' in generale, le parti meno pregiate, venivano
sgrossate, ripulite dalle componenti adipose e dai tendini,
sminuzzate su un tagliere chiamato «pestadoria» con un pesante
coltello chiamato «manarin» e quindi ricomposte in polpettine con
l'aggiunta di sale, spezie (talvolta messe a macerare nel vino),
finocchio selvatico. Le polpettine («pitine») venivano poi passate
nella farina di mais e quindi messe ad asciugare al fumo del camino
(«fogher» o «fogolar»).
5. Il nome «Pitina» si e' originariamente diffuso nella Val
Tramontina. I primi produttori dei quali e' rimasta traccia (i
proponenti hanno raccolto originali testimonianze della tradizione
orale, intervistando anziani emigrati negli Stati Uniti, che
permettono di risalire all'inizio dell'800) sono stati gli abitanti
delle frazioni di Inglagna e Frasaneit, nel Comune di Tramonti di
Sopra. In questo comune fin dal 1969 la pro loco ha recuperato la
tradizione locale organizzando la Festa della Pitina che da allora si
ripete ogni anno in luglio. Ed e' stato proprio un macellaio di
Tramonti di Sopra, Mattia Trivelli, a presentare in data 4 aprile
1989 la domanda di registrazione del marchio «Pitina» all'Ufficio
Italiano Brevetti.
6. Una serie di testimonianze orali, raccolte da studiosi locali
a partire dal 1978 («La cultura popolare di Andreis e la sua valle» -
tesi di laurea di Renata Vettorelli - Universita' degli studi di
Urbino - anno accademico 1981-82) permettono di affermare con
certezza che la preparazione ed il consumo della «Pitina» erano
largamente diffusi all'inizio dell'800 in Val Tramontina e nelle
vallate limitrofe.
7. La scarsita' di documentazione scritta riguardante la «Pitina»
viene spiegata dai ricercatori (come l'arch. Moreno Baccichet,
docente universitario di Treviso) con il fatto che trattasi di un
prodotto originariamente non utilizzato come merce di scambio: «La
carne in argomento non veniva commerciata e quindi non era oggetto di
nessuna scrittura contabile quale la registrazione di incassi o
baratti di merce. Inoltre la pitina era considerata una carne
"povera" riservata al popolo e quindi non veniva offerta ne tantomeno
consumata dai nobili e dai benestanti»... a maggior ragione, non
usciva dalla stretta cerchia familiare la «Pitina» preparata talora
con la selvaggina cacciata abusivamente...
8. In ogni caso, vista la carenza di documentazione scritta,
appare importante la citazione della «Pitina» nel volume «La valle
del Colvera» (Mazzoli, Maniago, 1973): «...La pitina veniva preparata
con carne di ovini e caprini...» ed appare significativa la
dettagliata descrizione presente nel volume «Civilta' contadina del
Friuli - architettura spontanea e lavoro a Navarons» edito nel 1979:
«Pitina - E' una polpetta schiacciata (otto centimetri di diametro e
tre di spessore) di carne di pecora o di montone, di capra o di becco
o di camoscio. La carne e' disossata, ripulita dal grasso, macinata a
macchina o tritata a mano, salata e pepata e con l'aggiunta di aglio
e di una percentuale di lardo. Il composto e' ben amalgamato e
passato nella farina di polenta. Le porzioni vengono affumicate su
braci di legno di ginepro. Le «pitini» si possono conservare in luogo
asciutto anche per oltre un anno». («pitini» costituisce un maldestro
tentativo di rappresentare al plurale la denominazione...)
9. La tradizione della «Pitina». in val Tramontina e' citata
nella «Guida turistica» della V Comunita' montana edita nel 1989.
«... un particolare cenno merita la "pitina" ... di Mattia
Trivelli... a base di carne di montone affumicata con rare erbe
aromatiche e dosata sapientemente con spezie secondo una antica
ricetta di famiglia gelosamente custodita».
10. Tra il 1997 ed il 2000 la «Pitina» viene inserita da Arcigola
Slow Food nel primo elenco dei prodotti da salvare, contestualmente
alla redazione di un video (Pieffe immagini, Maniago, 1999) ed alla
fondazione di un apposito «presidio», per salvaguardarne tradizione e
ricetta.
11. Quasi contemporaneamente il prodotto viene inserito nel primo
elenco del registro dei prodotti tradizionali redatto dalla Regione
Friuli Venezia Giulia ai sensi del decreto ministeriale n. 350/1999.
12. La stessa opzionabilita' della materia prima carnea
(alternativamente di origine ovina o caprina ovvero di selvaggina)
inquadra la specificita' di un connotato assolutamente «local»,
impraticabile nei normali contesti industrializzati, quantomeno per
la fragilita' dell'elaborato e della assoluta prevalenza del
savoir-faire rispetto al know-how per la lavorazione di un prodotto
che stagiona ma non si essicca, grazie anche alla irripetibile
condizione eco-ambientale della zona.
13. Le caratteristiche inquadrate dall'Osservatorio meteorologico
regionale (OSMER, 2011) definiscono infatti per l'area in questione
il profilo meteo-climatico autonomo di una enclave prealpina segnata
da medie annue di precipitazioni autenticamente da record, con
frequente rimescolamento delle masse d'aria aggiunte alla
specificita' del contesto orografico che ospita il «piu' basso nevaio
permanente delle Alpi» (mt 1200 sldm), proprio al centro
geo-economico dell'areale delimitato.
14. La «Pitina» e' il frutto di questa singolare ed irripetibile
condizione, dando vita ad un prodotto di carne stagionata ma
contemporaneamente non essiccata, grazie alle modalita' di
composizione, di impasto e di lavorazione della materia prima
impiegata ma anche grazie all'assenza di umidita' stagnante seppure
in una delle zone piu' piovose del nord Italia: l'effetto
dell'enclave pesa anche sul tipo di carne impiegata, che ignora - per
ragioni storiche e socio-economiche - bovini e suini, viceversa
prevalenti nella macro-regione e nelle stesse aree immediatamente
contermini, aggiungendole in modo assolutamente originale l'uso
dell'affumicatura in assenza di budello e/o di cotenna e/o di un
autentico involgente protettivo (diverso da un velo di farina di mais
...); non a caso, quindi, il medesimo «effetto enclave» trova
conferma nella inesistenza di esperienze produttive similari o
comparabili in vastissime porzioni di territorio italiano ed europeo.

Art. 7.

Controlli

1. La verifica del rispetto del presente disciplinare e' svolta
conformemente a quanto stabilito dall'art. 37 del regolamento (UE)
1151/2012. L'organismo di controllo a cio' preposto e' l'INEQ -
Istituto Nord Est Qualita', via Rodeano n. 71 - San Daniele del
Friuli (UD), tel. 0432-940349, fax 0432-943357.

Art. 8.

Etichettatura

1. Ogni confezione deve recare il logo del prodotto e il simbolo
dell'Unione europea.
2. La designazione dell'indicazione geografica protetta «Pitina»
e' intraducibile e deve essere apposta sull'etichetta in caratteri
chiari e indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta
che compare in etichetta; essa deve essere immediatamente seguita
dalla menzione «Indicazione geografica protetta» e/o dalla sigla
I.G.P.. E' vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione non
espressamente prevista. E' tuttavia consentito l'utilizzo di
indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o
marchi privati purche' non abbiano significato laudativo o tali da
trarre in inganno il consumatore.
3. Il logo del prodotto e' costituito dall'insieme grafico di
simboli e parole di seguito raffigurato:

Parte di provvedimento in formato grafico

4. Il logo del prodotto e' costituito da un quadrifoglio composto
da quattro lettere «P» stilizzate, (tre delle quali bordate ed una
completamente colorata), ruotate di 45, 135, 225 e 315 gradi rispetto
all'asse verticale. Accanto al quadrifoglio compare la dicitura
«Pitina» secondo le forme rappresentate, con l'iniziale «P»
stilizzata tal quale quelle che compongono il quadrifoglio, le
lettere seguenti utilizzando il font Swiss 721 Black Rounded. Il
quadrifoglio e la dicitura sono contornati nella parte inferiore da
una semi ellisse assottigliata agli estremi. Il logo del prodotto
puo' essere riprodotto in qualsiasi colore, ma rimanendo
rigorosamente monocromatico; non sono ammessi retini, ne' nelle parti
in colore, ne' nelle parti vuote delle «P» bordate. Il logo va
riprodotto esclusivamente in positivo, su fondo bianco o comunque
chiaro, senza fondini o riquadri. La dimensione minima in lunghezza
non dev'essere inferiore a 25 millimetri, con una risoluzione non
inferiore a 300 dpi.
5. Il logo del prodotto e' obbligatoriamente riprodotto su
etichette, confezioni e vesti grafiche in genere per tutti i prodotti
confezionati, con la prescrizione che il relativo ingombro -
calcolato rapportando alla superficie di un rettangolo corrispondente
all'altezza ed alla lunghezza complessive del marchio - non sia
inferiore al 10% e superiore al 25% della superficie totale della
etichetta o della veste grafica.

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