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Colli Orientali del Friuli Picolit Docg

Pubblicato da disciplinare

La Docg Colli Orientali del Friuli Picolit e' riservata al vino ottenuto esclusivamente da uve del vitigno Picolit per almeno l'85%.
2. Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve di vitigni a bacca bianca idonee
alla coltivazione nella Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in misura non superiore al 15% con
esclusione del vitigno Traminer aromatico
Le uve destinate alla produzione dei vini a D.O.C.G. “Colli Orientali del Friuli Picoli”, compresa la sottozona “Cialla” devono essere prodotte nella zona di produzione che comprende in tutto o in parte il territorio comunale di: Attimis, Buttrio, Cividale del Friuli, Corno di Rosazzo, Faedis, Magnano in Riviera, Manzano, Moimacco, Nimis, Povoletto, Premariacco, Prepotto, Reana del Rojale, Remanzacco, San Giovanni al Natisone, San Pietro al Natisone, Tarcento, Tricesimo e Torreano.

La D.O.C.G. “Colli Orientali del Friuli Picolit” come definito dall’art. 3 si estende in un territorio
che interessa in totale, diciannove comuni, nella fascia centro orientale della Provincia di Udine,
vicino al confine con la Repubblica della Slovenia.
I comuni interessati sono: Attimis, Buttrio, Cividale del Friuli, Corno di Rosazzo, Faedis, Magnano
in Riviera, Manzano, Moimacco, Nimis, Povoletto, Premariacco, Prepotto, Reana del Rojale,
Remanzacco, San Giovanni al Natisone, San Pietro al Natisone, Tarcento, Tricesimo e Torreano.
Il territorio di estrinseca in una variegata alternanza di colline e pianure che si sviluppano
ininterrottamente lungo la direttrice nord-ovest sud-est, creando delle ampie superfici che possono godere di un’esposizione ottimale per la coltivazione della vite.
La sottozona “Cialla” contemplata in questo disciplinare di produzione, si sviluppa invece in un
territorio molto più limitato, ricadendo nella parte nord del comune di Prepotto al confine con
Cividale del Friuli.
I terreni della DOCG “Colli Orientali del Friuli Picolit” appartengono al così detto “Flysch di
Cormòns” che è costituito da un’alternanza di strati di marne (argille calcaree) e arenarie (sabbie
calcificate) dall’aspetto molto tipico. Questo insieme è chiamato in friulano (la lingua tradizionale
della regione) “ponca”, ed è facilmente alterabile in presenza di agenti atmosferici e si sgretola
velocemente in frammenti scagliosi che in seguito si decalcificano e mutano in giallastro
l’originario colore grigio-azzurognolo, grigio-plumbeo fino a dissolversi in terreno argilloso.
Queste marne sono solitamente ricche di calcare (ne contengono un 40-60%) e di potassio,
leggermente meno di fosforo. Le arenarie, che si alternano con le marne, hanno una composizione variabile: aumenta in genere il tenore di silice che si porta dal 40 al 70%, mentre diminuiscono proporzionalmente tutti gli altri elementi in modo particolare il calcare. Sono a grana media e fine, ben cementate: di colore marrone chiaro, grigio, azzurrognolo e che difficilmente si degradano.
Nel “Flysch di Cormòns” le marne prevalgono sulle arenarie, nelle marne si possono rinvenire resti di fossili come sui colli di Rosazzo, Rocca Bernarda, Noax e Buttrio: prevalgono decisamente i microforamiferi (Nummiliti, Assilinae ed Alveolinae), sono presenti pure gasteropodi, coralli e
brachiopodi.
La facile erodibilità dei terreni presenti nella denominazione “Colli Orientali del Friuli Picolit” a
prevalenza marnosa, ha portato ad una morfologia dolce con altezze ben al di sotto dei 200 m slm.
Dove emergono le marne, che interessano la quasi totalità del territorio, il terreno è molto
impermeabile, con la conseguenza di provocare uno scorrimento superficiale delle acque piovane e quindi una facile erodibilità con formazione delle valli entro cui scorrono capricciosi corsi d’acqua dal profilo rapido e con la sezione a V.
La presenza delle arenarie è segnalata dalla maggior compattezza del terreno e anche da una più
aspra morfologia.
L’erodibilità dei terreni marnosi ha costretto i vignaioli a terrazzare le colline per potervi impiantare le vigne onde evitare il “consumo” dei colli e lo scalzamento delle viti, queste terrazze sono così diventate una caratteristica della collina della D.O.C.G.
I vigneti coltivati si collocano tra i 100 ed i 400 m slm, la maggior parte si trova su colline
terrazzate, alcuni occupano delle porzioni pianeggianti o con un leggera pendenza, le zone preferite dai vignaioli sono nei punti più alti delle colline.
Nel corso dei secoli il profilo dei pendii è stato modellato con il lavoro di generazioni di viticoltori,
lo sguardo del visitatore può rincorrere i gradoni e le terrazze vitate.
La cerchia delle Prealpi Giulie è posta a nord della zona collinare e costituisce un efficace riparo dai venti freddi di settentrione, mentre la prossimità della pianura friulana e la vicinanza del mare, che dista non più di 40 chilometri in linea d’aria, contribuisce a mitigare le escursioni termiche favorendo un clima abbastanza mitigato anche se caratterizzato da specifiche diversità date dalla conformazione orografica dei rilievi.
La temperatura media annua si attesta sui 15 °C, se si considera però il periodo vegetativo della
vite, quindi i mesi che vanno da aprile a ottobre le medie all’interno dell’areale variano tra i 18 e 19 °C, mentre la somma termica varia tra i 1800 e i 1900 °Cd.
La piovosità è abbastanza diversificata dai numerosi microclimi e nelle diverse annate, le centraline di rilevamento segnalano una maggiore precipitazione nella zona di Tarcento e Nimis, quella più a nord dell’intero Friuli VG, inteso come zona di coltivazione della vite, in cui si raggiungono, durante la stagione vegetativa i 1157 mm medi, già nella zona centrale di Cividale del Friuli i valori si abbassano a circa 976 mm per scendere al di sotto dei 900 mm nei comuni più a sud, quindi S.Giovanni al Natisone.
Per descrivere meglio i fattori naturali, un parametro di sicuro interesse è l’indice di torridità,
perché esprime il rapporto tra la somma termica e le precipitazioni cumulate nel periodo compreso tra il 1° aprile ed il 31 ottobre di ogni anno, maggiore è questo indice e maggiore è l’aridità dell’annata, sopra il valore 3 si hanno le annata torride come per esempio quelle del 2003 e del 2006, se il valore è tra 2 e 3 si hanno invece le annate ottimali, mentre al di sotto di 2 sono annate umide e inferiori ad 1 sono molto umide. Nell’ultimo decennio questo indice si è attestato mediamente sul valore di 1,9.


2. Fattori umani rilevanti per il legame.
Il conte Fabio Asquini di Fagagna, un paese a nord-ovest di Udine scrisse un trattato di marketing
sul vino “Picolit” ben oltre 250 anni fa.
Il conte era astemio, non beveva alcolici, però era circondato da un ottimo gruppo di taste-vins e
riuscì a far conoscere questo vino nelle principali corti d’Europa, nel 1762 intraprese un commercio su larga scala, vendendo diverse migliaia di bottiglie e riuscendo a consolidare un vino, il Picolit che si era identificato con il suo territorio, il Friuli, diventando, oltre che la sua bandiera anche un mito per l’intera enologia.
Il vino veniva commercializzato al secondo anno e, per provarne la resistenza ai viaggi, l’Asquini
pensò una volta di spedire una cassetta di bottiglie a Cadice, e farsele rimandare, con ottimi risultati.
Il mercato in cui il Picolit era collocato godeva di altissimo prestigio, il Conte ne spediva a Londra,
a Parigi, ad Amsterdam, in Russia, in molte città della Germania ma pure Genova, Milano, Napoli,
Ancona ed in altri luoghi. Ne fornì in varie riprese alla Corte di Francia, al Re di Sardegna e
all’Imperatore d’Austria, a Trieste lo dichiarò “migliore di chiunque altro vino”.
Diversi documenti riportano che agli inizi dell’800 una spedizione partì addirittura per gli Stati
Uniti d’America.
Con la morte del Conte Asquini iniziò un lungo e lento declino per questo vino, fino alla rinascita
alcuni decenni or sono, in larga parte dovuta all’operato della Famiglia Perusini che possedevano la Rocca Bernarda di Ipplis di Premariacco, nei Colli Orientali del Friuli.
Fu proprio per conoscere il “Picolit” della Contessa Giuseppina Perusini che Luigi Veronelli nel
1959 venne per la prima volta in Friuli e scrisse: “Non credo vi sia in Italia vino più nobile di
questo, è stato autentica gemma dell’enologia friulana…; potrebbe essere l’orgoglio di tutta la
nostra enologia solo se si riuscisse a stabilizzarne la coltura e la vinificazione. Le sue qualità lo
renderebbero in Italia, ciò che per la Francia è lo Chateau d’Yquem”.
Agli inizi del secolo scorso nel 1905 i coniugi Perusini Antonini acquistarono la Rocca Bernarda e
Giacomo iniziò il suo enorme lavoro sul Picolit che ritrovò tra i vigneti disastrati di Ipplis, e suo
figlio Gaetano completò l’opera iniziata dal padre.
Isi Benini, sostenne nelle pagine del suo “Il Vino”, il rilancio di quello che lui definì “L’araba
fenice del Friuli”: …la più singolare e simpatica interpretazione che è stata data di questo stupendo vino è contenuta in un detto sbocciato, forse, da quell’inesauribile sorgente che è l’arguzia del popolo: “Non offritelo a una signora o a una signorina – precisa la raccomandazione rivolta ai buongustai in età – perché potreste correre il rischio di sentirvi dire di sì”
Con il Decreto del 30 marzo 2006 pubblicato nella Gazz. Uff. n. 82 del 7 aprile 2006, è stata
riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Orientali del Friuli Picolit”
ed è stato approvato il relativo disciplinare di produzione che definisce i principali aspetti produttivi dei vini.


Base ampelografica dei vigneti: l’articolo 2 stabilisce che i vigneti devono avere una base
ampelografica composta per almeno l’85% dal vitigno Picolit, l’eventuale percentuale restante può essere composta dai vitigni a bacca bianca delle varietà idonee alla coltivazione nella Regione
autonoma Friuli Venezia Giulia con esclusione del vitigno Traminer aromatico. Nel caso della
sottozona “Cialla” la base ampelografica prevede l’utilizzo del vitigno Picolit al 100%.
Norme per la viticoltura: l’obiettivo del disciplinare è quello di ottenere un’elevata qualità delle
uve che poi, si trasformerà in un’altrettanta elevata qualità nei vini. Per questo motivo le forme e i sistemi di allevamento devono essere quelli generalmente usati per assicurare le migliori
caratteristiche delle uve e dei vini, si possono trovare spesso i guyot monolaterali oppure bilaterali, come pure la cappuccina e abbastanza diffusa. Devono considerarsi idonei unicamente i vigneti ubicati in terreni di favorevole giacitura e esposizione, di origine eocenica, oppure, nelle zone marginali, in quelle di origine mista per presenza di percentuali variabili di elementi grossolani, sono quindi esclusi i terreni di fondovalle, umidi e non sufficientemente soleggiati. Per i nuovi impianti la densità minima dovrà essere di 3500 ceppi per ettaro con un tetto massimo di
produzione di 4 tonnelate per ettaro, le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo del 13% vol, nel caso della sottozona “Cialla” tale limite è elevato a 14%.
La resa massima di uva in vino non deve essere superiore al 55% per tutti i vini.


Norme per la vinificazione: le pratiche enologiche consentite sono solo quelle idonee a conferire al vino “Friuli Colli Orientali Picolit” le caratteristiche di tipicità e di qualità tradizionali. La raccolta delle uve è mediamente tardiva, con una leggera surmaturazione in pianta od un leggero appassimento nelle annate in cui le condizioni climatiche lo consentono.
Solitamente la raccolta avviene in cassette che successivamente vengono poste in locali ben aerati oppure spostate sui graticci per una naturale e lenta concentrazione per appassimento. In
fermentazione si possono utilizzare per particolari partite delle botti di legno, solitamente la
vinificazione è quella tradizionale per le uve bianche anche se appassite, si cerca quindi controllare il più possibile i tempi e le temperature di fermentazioni essendo le concentrazione degli zuccheri riduttori particolarmente concentrate date dalle bassissime rese (max 22 HL/ha) e dagli appassimenti.


B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.
La D.O.C.G. “Colli Orientali del Friuli Picolit” annovera un’unica tipologia di vino assieme a
quella della sottozona “Cialla” che prevede anche la menzione “Riserva”.
L’insieme dato dal clima, dalla conformazione del territorio e dalle selezioni viticole si traducono in un vino di color giallo spesso giallo oro zecchino, giallo oro vecchio o quasi ambrato, dopo alcuni anni di invecchiamento. Il profumo è elegante e ricorda il favo d’api, colmo di miele prodotto con tutti i fiori dei campi, molto fine. Il bouquet è ampio, di eccezionale eleganza, straordinariamente amalgamato, che dona in sequenza, un’incredibile serie di sfumature aromatiche: fiori di campo appunto.
Il sapore è dolce-non-dolce, di nobile razza, aristocratico, lunghissimo nelle sensazioni che
cangiano in continuazione.
Non una nota stonata e nemmeno una sensazione che prevale sulle altre, come più di qualcuno lo ha definito, il termine migliore per il Picolit è: una sinfonia.


C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla
lettera B).
Di quest’uva e di questo vino si sono occupati, in questi ultimi decenni, una gran quantità di
ampelografi, ricercatori, studiosi, giornalisti, tecnici, viticoltori, ecc..
Sono state fatte molte ricerche sulle caratteristiche del vino e della scarsità di produzione dovute ad un aborto floreale, dato dalla sterilità del polline
La fertilità del fiore femminile è buona e può pertanto venire fecondato dal polline di altre viti
(impollinazione anemofila, entomofila, artificiale) anche se questa ipotesi resta soltanto quasi
teorica.
Il nome del Picolit, è recente, infatti si trovano documenti in cui viene citato il vino Piccolit,
Piccolitto, Piccolitto friulano.
Come sia nato questo nome non è dato a sapere con certezza, nel 1790 il canonico Andrea Zucchini scriveva che il nome deriva dalla piccola quantità di acini e grappoli che la vite produce.
Il Gallesio parla invece della “piccolezza dell’uva che produce”.
Il vitigno è antichissimo, già coltivato in epoca romana, intuìto più che citato nei testi col vero nome scomparso nei secoli e poi riassunto a nuova gloria nel ‘700-‘800, nuovamente scomparso e risalito agli altari intorno al 1970, non ha mai lasciato una data sicura e un luogo certo di coltivazione.
Antonio Zanon, insigne agronomo friulano (1767) scriveva che le mense di Germania, Inghilterra e Francia venivano allietate da questo delizioso vino. F.M. Malvolti (1772) annotava il grande
successo ottenuto dal Picolit alla corte di Francia, Lodovico Otellio (1761) parla della diffusione del Picolit in molte nazioni per opera di Fabio Asquini.
Il Picolit, viene descritto da Odars (1849), Agazzotti (1867), Di Rovasenda (1877), la bontà di
questo vino ebbe nel secolo diciassettesimo tale fama che il vitigno venne coltivato in diverse
regioni italiane, se ne trovano tracce a Conegliano Veneto, Treviso, Vicenza, Bassano, Emilia
Romagna e Toscana.
Anche nella corte papale di Castel Gandolfo pare fosso molto apprezzato, poiché così scriveva
all’Asquini, Mons. Giuseppe de Rinaldis nel 1756: “…nella villeggiatura di Castel Gandolfo fu
fatto l’assaggio del vostro “Piccolitto”….furono lasciato addietro gli altri vini prelibati, al
confronto del medesimo, e v’erano de’ Personaggi, che hanno il più raffinato gusto in questo
genere, fra quali li Cardinali Torregiani, Peroni, Gian Francesco Albani, e S.E. il Marchese
d’Aubetrerre ambasciatore di Francia”.
Dal 1970 in poi il Picolit è entrato prima come tipologia nel disciplinare di produzione dei “Colli
Orientali del Friuli” e nelle sue sottozone, “Rosazzo” e “Cialla”, poi, nel 2006 c’è stato il
riconoscimento della D.O.C.G. “Colli Orientali del Friuli Picolit” con l’inserimento di un’unica
sottozona “Cialla” presente in allegato.

VITIGNI

PICOLIT

 

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