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Scalogno di Romagna Igp - Pubblicazione modifica non minore

Pubblicato da disciplinare
Scalogno di Romagna

L’indicazione Scalogno di Romagna designa esclusivamente il bulbo cipollino delle specie Allium ascalonicum ecotipo romagnolo.
I bulbi dello Scalogno di Romagna presentano una forma allungata a fiaschetto, con una tunica esterna coriacea la cui colorazione può variare dal giallo al cuoio fino al fulvo, bruno o grigio mentre la parte carnosa interna ha una colorazione dal bianco al violaceo striato.

Pubblicazione di una domanda di approvazione di una modifica non minore del disciplinare di produzione ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari

(2022/C 233/13)

La presente pubblicazione conferisce il diritto di opporsi alla domanda di modifica ai sensi dell’articolo 51 del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) entro tre mesi dalla data della presente pubblicazione.

DOMANDA DI APPROVAZIONE DI UNA MODIFICA NON MINORE DEL DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DI UNA DENOMINAZIONE DI ORIGINE PROTETTA / DI UN’INDICAZIONE GEOGRAFICA PROTETTA

Domanda di approvazione di una modifica ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, primo comma, del regolamento (UE) n. 1151/2012

«Scalogno di Romagna»

n. UE: PGI-IT-1539-AM01- 11.1.2021

DOP ( ) IGP (X)

1.   Gruppo richiedente e interesse legittimo

Gruppo: Consorzio Scalogno di Romagna

Indirizzo: C/o Comune di Riolo Terme, Via Aldo Moro 2, 48025 Riolo Terme – Ravenna, Italy

E-mail: consorzioscalognodiromagna@gmail.com

Il Consorzio Scalogno di Romagna è legittimato a presentare la domanda di modifica ai sensi dell’art. 13, comma 1, del Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali n. 12511 del 14 ottobre 2013.

2.   Stato membro o paese terzo

Italia

3.   Voce del disciplinare interessata dalla modifica

Denominazione del prodotto

Descrizione del prodotto

Zona geografica

Prova dell’origine

Metodo di produzione

Legame

Etichettatura

Altro [da precisare]

4.   Tipo di modifica

Modifica a un disciplinare di una DOP o IGP registrata da considerarsi non minore ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento (UE) n. 1151/2012.

Modifica a un disciplinare di una DOP o IGP registrata, per cui il documento unico (o documento equivalente) non è stato pubblicato, da considerarsi non minore ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento (UE) n. 1151/2012.

5.   Modifiche

Descrizione del prodotto

L’articolo 2:

«L’indicazione “Scalogno di Romagna” designa esclusivamente il bulbo cipollino delle specie Allium ascalonicum».

è così modificato e integrato:

«L’indicazione “Scalogno di Romagna” designa esclusivamente il bulbo cipollino delle specie Allium ascalonicum ecotipo romagnolo.

I bulbi dello “Scalogno di Romagna” presentano una forma allungata a fiaschetto, con una tunica esterna coriacea la cui colorazione può variare dal giallo al cuoio fino al fulvo, bruno o grigio mentre la parte carnosa interna ha una colorazione dal bianco al violaceo striato.

L’ecotipo romagnolo presenta radici lunghe e folte con foglie di forma affusolata, di colore verde chiaro.

I bulbilli, al momento della raccolta, si trovano uniti in un caspo dove, in numero variabile, si trovano legati tra loro dall’apparato radicale.

L’odore è pungente. Il sapore è dolce e delicato, più simile alla cipolla che all’aglio. Le caratteristiche aromatiche si avvicinano a quelle proprie delle liliacee e sono influenzate dalle considerevoli quantità di zolfo che assorbe dal terreno, mesoelemento che ne caratterizza il sapore e l’odore.

Il prodotto viene consumato fresco, essiccato ed è anche diffusa la conservazione sott’olio.

Tutte queste caratteristiche lo differenziano con evidenza dalle altre tipologie di scalogno».

Le modifiche apportate indicano in modo più preciso la tipologia del prodotto, rappresentata dall’ecotipo romagnolo, riportato anche nel disciplinare di produzione integrata della Regione Emilia-Romagna.

Tutte le integrazioni riguardano caratteristiche che rendono lo «Scalogno di Romagna» riconoscibile con facilità, e che lo differenziano in modo evidente da ogni altro tipo di scalogno.

Queste caratteristiche sono sempre state peculiarità del prodotto, espresse anche tramite documentazione fotografica, e vengono meglio dettagliate, allo scopo di facilitarne la riconoscibilità a favore dei consumatori e dei soggetti incaricati del controllo.

La modifica riguarda anche il punto 5b) della scheda riepilogativa e si applica al punto 3.2 del documento unico.

Zona geografica

Il disciplinare riscontra la modifica della denominazione della provincia di Forlì, che è stata denominata «provincia di Forlì-Cesena», e non comporta modifiche dell’area di produzione.

La modifica riguarda anche il punto 5c) della scheda riepilogativa e si applica al punto 4 del documento unico.

Prova dell’origine

Il testo originariamente riportato dall’art. 5 comprende indicazioni riguardanti normative non più in vigore; l’articolo riguardante la prova dell’origine è pertanto sostituito dal seguente testo:

«Ogni fase del processo produttivo viene monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, delle particelle catastali sulle quali avviene la produzione degli agricoltori e dei condizionatori, nonché attraverso la denuncia alla struttura di controllo dei quantitativi prodotti, è garantita la tracciabilità del prodotto. Tutte le persone, fisiche e giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo».

Metodo di produzione

Vengono indicate in modo più appropriato le condizioni riguardanti il divieto di ristoppio.

La frase «Devono trascorrere almeno 5 anni per il ritorno dello Scalogno sullo stesso appezzamento» è infatti sufficiente a esprimere tale divieto. La frase «Non è ammesso il ristoppio» è quindi ridondante e viene eliminata.

Si interviene con una precisazione sulle pratiche di successione colturale, al fine di evitare possibili dubbi nell’interpretazione, riformulando in modo più chiaro quanto già indicato dal disciplinare, cioè che lo Scalogno di Romagna non può essere coltivato in successione a solanacee, barbabietole e cavoli. La frase riformulata è la seguente: «È inoltre vietato coltivarlo in successione a solanacee, a barbabietole e a cavoli.»

Con riferimento alle modalità di trapianto si prescrive l’uso di bulbilli della specie Allium ascalonicum ecotipo romagnolo perché, in corrispondenza con quanto indicato nella parte relativa al legame con la zona d’origine, è possibile riprodurre lo «Scalogno di Romagna» solo tramite il reimpianto di bulbilli dello specifico ecotipo. Pertanto la seguente frase «L’impianto si deve effettuare nei mesi di novembre-dicembre, mentre la raccolta è attuata a partire dal mese di giugno dell’anno successivo» è cosi integrata: «L’impianto si deve effettuare nei mesi di novembre-dicembre, mettendo a dimora bulbilli della specie Allium ascalonicum ecotipo romagnolo, mentre la raccolta è attuata a partire dal mese di giugno dell’anno successivo».

Infine, la produzione massima unitaria, già indicata in 60-80 quintali per ettaro, viene definita con precisione (80 quintali per ettaro) per facilitare i controlli.

La modifica riguarda anche il punto 5e) della scheda riepilogativa.

Legame con l’ambiente

Il testo riguardante il legame con l’ambiente non è presente nel disciplinare vigente, risalente al 1997. È stato quindi predisposto un testo contenente la descrizione del legame con l’ambiente già presente nella documentazione depositata su DOOR, integrato da altre notizie storiche riguardanti la reputazione dello «Scalogno di Romagna».

A integrazione, inoltre, di quanto già affermato dal disciplinare e dalla scheda riepilogativa, si dà atto della caratteristica fondamentale di non creare infiorescenza, caratteristica propria dello «Scalogno di Romagna».

Il testo del disciplinare è quindi così integrato:

«Il legame tra lo “Scalogno di Romagna” e la zona geografica si basa sulla reputazione del prodotto. Lo “Scalogno di Romagna” è infatti noto quale particolare ecotipo di scalogno, che possiede caratteristiche proprie, diverse da quelle di altre tipologie presenti sul mercato.»

I terreni idonei per la coltivazione dello «Scalogno di Romagna» sono di natura collinare, tessitura media tendente all’argilloso, asciutti, ben dotati di potassio e sostanza organica, ben esposti e ben drenati. Sono terreni caratteristici della catena gessosa «La Vena dei Gessi Romagnola», che attraversando buona parte della zona di produzione, caratterizza e influenza tutto il territorio dell’areale, conferendo ai terreni una certa tendenza all’alcalinità. Inoltre il territorio dell’areale di produzione è noto quale zona termale, caratterizzata da componenti sulfuree dei terreni e delle acque.

Le qualità aromatiche proprie della famiglia delle liliacee sono così influenzate nelle componenti sulfuree da tali caratteristiche ambientali.

La flora microbica del terreno e la permanenza di attività enzimatiche durante la conservazione o l’essiccazione determinano lo sviluppo dell’aroma tipico, dolce e delicato seppure in presenza di un odore pungente, dello «Scalogno di Romagna».

Peculiarità dello «Scalogno di Romagna» è quella di non creare infiorescenze, pertanto l’unica tecnica di riproduzione possibile e, quindi, permessa è tramite il reimpianto dei bulbilli. Questa caratteristica ha mantenuto inalterato nel tempo il suo patrimonio genetico e le caratteristiche dello specifico ecotipo, non essendovi scambi di polline con altre specie né naturalmente né forzatamente e ha fatto sì che l’ecotipo romagnolo non abbia subito ibridazioni o interventi genetici a cui sono state sottoposte le altre varietà presenti sul mercato.

Lo «Scalogno di Romagna» da sempre non si trova allo stato selvatico, il che sta a significare che le popolazioni, i Celti, che lo portarono nei territori romagnoli coltivarono un prodotto originario ed autentico, che non si poteva in nessun modo né barattare né confondere né sostituire con qualsiasi altro bulbo di liliacea.

Un evidente legame fra «Scalogno di Romagna» e territorio locale è rappresentato dai produttori tutti, compresi coloro che ne coltivano pochi metri quadrati nell’orto di casa propria; grazie anche a loro non si è persa la possibilità di tramandare i preziosi bulbi, di non disperdere un così prezioso omaggio della generosa terra di Romagna. La competenza dei produttori è, inoltre, molto importante nella selezione dei bulbilli, operazione che viene eseguita a mano con eccellente maestria. Da questa selezione una parte viene destinata al consumo, e, abitualmente, la parte caratterizzata da pezzatura media e forma più ricurva viene utilizzata per il trapianto accorciando le radici e le foglie.

Vari scrittori citano tale prodotto, come ad esempio Corrado Contoli, nato e vissuto a Lugo, che nella «Guida alla veritiera cucina romagnola» (1963), nel capitolo «Le pietanze, Le carni di maiale» descrive una pioneristica e suggestiva testimonianza sullo scalogno. Altre testimonianze riguardanti la descrizione del prodotto e il suo uso in numerosissime ricette, risalenti al secolo scorso, sono riportate da Graziano Pozzetto in «Lo scalogno di Romagna. Cibo per Venere», pubblicato nel 2001. Vari cuochi nostrani hanno utilizzato lo «Scalogno di Romagna» nell’elaborazione di vari piatti, fra questi Tarcisio Raccagni dell’allora Albergo Ristorante «Gigiolè» di Brisighella, il quale ha lavorato per il recupero della cucina medioevale nelle cene allestite per le famose Feste medievali di Brisighella.

Si trovano inoltre in rete citazioni di testate che documentano la reputazione dello «Scalogno di Romagna» e il suo uso anche come condimento per la preparazione di vari piatti o nella presentazione sott’olio, come, a titolo di esempio, Giallo Zafferano, La Gazzetta del Gusto, Buonissimo, Geisha Gourmet, Taccuini Gastrosofici.

Quella dello «Scalogno di Romagna» è una storia bella ed esemplare, realizzata grazie al ruolo trainante della Proloco di Riolo Terme che ha realizzato nel 1993 la prima «Fiera dello Scalogno di Romagna», che si svolge ogni anno a fine luglio ed è tuttora esistente."

La modifica riguarda anche il punto 5f) della scheda riepilogativa e si applica al punto 5 del documento unico.

Controlli

Il testo riguardante il controllo, non presente nel disciplinare vigente, viene riportato di seguito:

«La verifica del rispetto del presente disciplinare è svolta conformemente a quanto stabilito dall’art. 37 del reg. (UE) 1151/2012. L’Organismo di Controllo preposto alla verifica del disciplinare è Check Fruit con sede in via Dei Mille 24, 40121 Bologna, Italy, Tel. 0516494836, Fax 0516494813, mail info@checkfruit.it.»

La modifica riguarda anche il punto 5g) della scheda riepilogativa.

Etichettatura

All’articolo 7 sono apportate le seguenti modifiche.

1.

 

La frase

«In tutti i casi i contenitori debbono essere sigillati in modo tale da impedire che il contenuto possa essere estratto senza la rottura del contenitore stesso».

è così modificata:

«In tutti i casi i contenitori debbono essere sigillati in modo tale da impedire che il contenuto possa essere estratto senza la rottura della confezione stessa».

Si sostituisce la parola «contenitore» con la più appropriata parola «confezione».

La frase

«Sui contenitori dovranno essere indicate in caratteri di stampa delle medesime dimensioni le diciture “Scalogno di Romagna”, seguita immediatamente dalla dizione “Indicazione Geografica Protetta”».

è così modificata:

«Sulle confezioni o mazzi o trecce dovrà essere apposto un cartellino indicante in caratteri di stampa delle medesime dimensioni la dicitura “Scalogno di Romagna” seguita immediatamente dalla dizione “Indicazione Geografica Protetta”.»

Viene introdotto l’obbligo di utilizzare un cartellino riportante le informazioni su tutti i tipi di confezioni utilizzate. Il cartellino riporta le informazioni necessarie e si adatta facilmente ai diversi tipi di confezioni previste dal disciplinare.

La frase

«Ciascun tipo di confezione deve essere autorizzata dalla Regione Emilia-Romagna».

viene eliminata perché incompatibile con la normativa attuale.

La frase

«A richiesta dei produttori interessati può essere utilizzato un simbolo grafico relativo alla immagine artistica, compresa la base colorimetrica eventuale, del logo figurativo o del logotipo specifico ed univoco da utilizzare in abbinamento inscindibile con la indicazione geografica».

è così modificata:

«Deve comparire il logo distintivo sottostante secondo la base colorimetrica indicata».

 

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Si rende pertanto obbligatorio l’utilizzo di un simbolo grafico, includendo la scheda tecnica che riporta la descrizione delle sue caratteristiche.

La frase

«Deve inoltre figurare la dizione “Prodotto in Italia” per le partite destinate alla esportazione».

è così modificata:

«Deve inoltre figurare la dizione “Prodotto in Italia”.»

L’aggiunta in etichetta della dizione «Prodotto In Italia» viene resa obbligatoria per tutte le partite e non solo per quelle destinate all’esportazione per sottolineare a beneficio del consumatore italiano che si tratta di un prodotto coltivato in Italia.

La modifica riguarda anche il punto 5h) della scheda riepilogativa e si applica al punto 3.6 del documento unico.

Altro

Confezionamento

2.

L’articolo 6:

«Lo “Scalogno di Romagna” all’atto dell’immissione al consumo deve avere le seguenti caratteristiche:

A)

prodotto fresco: - mazzetti legati di circa 500 grammi al di sopra del colletto legati con rafia nella parte terminale;

B)

prodotto secco:

1)

mazzetti di bulbi del peso di gr. 500 circa. I mazzetti debbono essere composti da bulbi omogenei di pezzatura grossa. La legatura è fatta con rafia al di sopra dell’apice del bulbillo, ben stretta e con le foglie mozzate 5 cm sopra la legatura.

2)

Trecce. I bulbi devono essere selezionati, intrecciati o con le sole foglie oppure ordite con rafia.

3)

Bulbi secchi in confezione mignon in rete di plastica da gr. 100»

è così modificato:

«Lo “Scalogno di Romagna” all’atto dell’immissione al consumo deve avere le seguenti caratteristiche:

A)

prodotto fresco:

mazzetti legati con rafia o altra fibra di origine vegetale con un peso compreso fra 100 g e 1 kg.

B)

prodotto essiccato:

1)

mazzetti legati, con rafia o altra fibra di origine vegetale, nella parte terminale con un peso compreso fra 100 g e 1 kg. I mazzetti debbono essere composti da bulbi di pezzatura omogenea. La legatura deve essere fatta al di sopra dell’apice del bulbillo, ben stretta e con le foglie mozzate 5 cm circa sopra la legatura.

2)

Trecce composte da bulbi selezionati, di pezzatura omogenea, intrecciati o con le sole foglie oppure ordite con rafia o altra fibra vegetale.

3)

Retine, sacchi o plateaux sigillati: i bulbi secchi con radici recise e di pezzatura variabile possono essere confezionati in retine o sacchi o plateaux sigillati di materiale idoneo al confezionamento di prodotti alimentari, di un peso compreso fra 100 g e 5 kg.

Le confezioni sopra descritte possono essere immesse al consumo anche in imballi di legno, plastica, carta, cartone o materiali vegetali naturali conformi alla normativa vigente.

È altresì ammessa presso i punti vendita la vendita frazionata del prodotto proveniente da confezioni o plateaux sigillati a condizione che lo stesso sia collocato in specifici scomparti o recipienti recanti, bene in vista, le stesse informazioni previste per le confezioni definite dal presente disciplinare di produzione.

I bulbi destinati alla trasformazione possono essere consegnati anche “alla rinfusa”, in imballaggi o contenitori conformi alla normativa vigente che riportino con caratteri leggibili e visibili su almeno uno dei lati la dicitura “Scalogno di Romagna IGP destinato alla trasformazione”.»

Si aggiorna l’articolo sul confezionamento per adattarlo alle attuali esigenze di mercato, semplificando le modalità di presentazione, prevedendo mazzetti di peso variabile compreso fra 100 g e 1 kg e l’aggiunta del confezionamento in retine, sacchi o plateaux.

Oltre a dare indicazioni sul confezionamento che rendano disponibili al consumatore più tipologie di confezioni, si interviene sulla possibilità di semplificare la gestione del prodotto destinato alla sola trasformazione. Esiste infatti la consuetudine di utilizzare il prodotto sott’olio oppure di arricchire con lo «Scalogno di Romagna» alcuni prodotti o preparazioni alimentari. Con questa modifica si consente di confezionare «alla rinfusa» il prodotto che verrà destinato alla trasformazione.

La modifica riguarda anche il punto 5h) della scheda riepilogativa e si applica al punto 3.5 del documento unico.

Modifiche redazionali

Vengono inseriti nel disciplinare i titoli degli articoli, al fine di definire meglio il contenuto di ciascuno di essi.

DOCUMENTO UNICO

«Scalogno di Romagna»

n. UE: PGI-IT-1539-AM01 – 11.1.2021

DOP ( ) IGP (X)

1.   Denominazione (denominazioni) [della DOP o IGP]

«Scalogno di Romagna»

2.   Stato membro o paese terzo

Italia

3.   Descrizione del prodotto agricolo o alimentare

3.1.   Tipo di prodotto

Classe 1.6. Ortofrutticoli e cereali freschi e trasformati

3.2.   Descrizione del prodotto a cui si applica la denominazione di cui al punto 1

L’indicazione «Scalogno di Romagna» designa esclusivamente il bulbo cipollino delle specie Allium ascalonicum ecotipo romagnolo.

I bulbi dello «Scalogno di Romagna» presentano una forma allungata a fiaschetto, con una tunica esterna coriacea la cui colorazione può variare dal giallo al cuoio fino al fulvo, bruno o grigio mentre la parte carnosa interna ha una colorazione dal bianco al violaceo striato.

L’ecotipo romagnolo presenta radici lunghe e folte con foglie di forma affusolata, di colore verde chiaro.

I bulbilli, al momento della raccolta, si trovano uniti in un caspo dove, in numero variabile, si trovano legati tra loro dall’apparato radicale.

L’odore è pungente. Il sapore è dolce e delicato, più simile alla cipolla che all’aglio. Le caratteristiche aromatiche si avvicinano a quelle proprie delle liliacee e sono influenzate dalle considerevoli quantità di zolfo che assorbe dal terreno, mesoelemento che ne caratterizza il sapore e l’odore.

Il prodotto viene consumato fresco, essiccato ed è anche diffusa la conservazione sott’olio.

Tutte queste caratteristiche lo differenziano con evidenza dalle altre tipologie di scalogno.

3.3.   Mangimi (solo per i prodotti di origine animale) e materie prime (solo per i prodotti trasformati)

3.4.   Fasi specifiche della produzione che devono aver luogo nella zona geografica delimitata

Tutte le fasi della produzione dello «Scalogno di Romagna» fino alla raccolta del prodotto devono avvenire esclusivamente nell’ambito della zona geografica indicata al punto 4.

3.5.   Norme specifiche in materia di affettatura, grattugiatura, confezionamento, ecc. del prodotto cui si riferisce la denominazione registrata

Lo «Scalogno di Romagna» all’atto dell’immissione al consumo deve avere le seguenti caratteristiche:

A)

prodotto fresco:

mazzetti legati con rafia o altra fibra di origine vegetale con un peso compreso fra 100 g e 1 kg.

B)

prodotto essiccato:

1)

mazzetti legati, con rafia o altra fibra di origine vegetale, nella parte terminale con un peso compreso fra 100 g e 1 kg. I mazzetti debbono essere composti da bulbi di pezzatura omogenea. La legatura deve essere fatta al di sopra dell’apice del bulbillo, ben stretta e con le foglie mozzate 5 cm circa sopra la legatura.

2)

Trecce composte da bulbi selezionati, di pezzatura omogenea, intrecciati o con le sole foglie oppure ordite con rafia o altra fibra vegetale.

3)

Retine, sacchi o plateaux sigillati: i bulbi secchi con radici recise e di pezzatura variabile possono essere confezionati in retine o sacchi o plateaux sigillati di materiale idoneo al confezionamento di prodotti alimentari, di un peso compreso fra 100 g e 5 kg.

Le confezioni sopra descritte possono essere immesse al consumo anche in imballi di legno, plastica, carta, cartone o materiali vegetali naturali conformi alla normativa vigente.

È altresì ammessa presso i punti vendita la vendita frazionata del prodotto proveniente da confezioni o plateaux sigillati a condizione che lo stesso sia collocato in specifici scomparti o recipienti recanti, bene in vista, le stesse informazioni previste per le confezioni definite dal presente disciplinare di produzione.

I bulbi destinati alla trasformazione possono essere consegnati anche «alla rinfusa», in imballaggi o contenitori conformi alla normativa vigente che riportino con caratteri leggibili e visibili su almeno uno dei lati la dicitura «Scalogno di Romagna IGP destinato alla trasformazione»."

3.6.   Norme specifiche in materia di etichettatura del prodotto cui si riferisce la denominazione registrata

La commercializzazione dello «Scalogno di Romagna» ai fini dell’immissione al consumo deve essere effettuata dopo apposito confezionamento che consenta di apporre uno specifico contrassegno. In tutti i casi le confezioni debbono essere sigillate in modo tale da impedire che il contenuto possa essere estratto senza la rottura della confezione stessa.

Sulle confezioni o mazzi o trecce dovrà essere apposto un cartellino indicante in caratteri di stampa delle medesime dimensioni la dicitura «Scalogno di Romagna» seguita immediatamente dalla dizione «Indicazione Geografica Protetta».

Nel medesimo campo visivo deve comparire nome, ragione sociale ed indirizzo del confezionatore nonché il peso lordo all’origine.

La dizione «Indicazione Geografica Protetta» può essere ripetuta in altra parte del contenitore o dell’etichetta anche in forma di acronimo «I.G.P.».

Deve comparire il logo distintivo sottostante secondo la base colorimetrica indicata.

Deve comparire la scritta «Prodotto in Italia».

 

Image 2

 

4.   Delimitazione concisa della zona geografica

La zona di produzione comprende la parte del territorio della Regione Emilia-Romagna atta alla coltivazione dell’Allium ascalonicum e interessa i seguenti Comuni:

in provincia di Ravenna: Brisighella, Càsola Valsenio, Castelbolognese, Faenza, Riolo Terme, Solarolo;

in provincia di Forlì-Cesena: Modigliana, Tredozio;

in provincia di Bologna: Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Castel Guelfo di Bologna, Dozza, Fontanelice, Imola, Mordano.

5.   Legame con la zona geografica

Il legame tra lo «Scalogno di Romagna» e la zona geografica si basa sulla reputazione del prodotto. Lo «Scalogno di Romagna» è infatti noto quale particolare ecotipo di scalogno, che possiede caratteristiche proprie, diverse da quelle di altre tipologie presenti sul mercato.

I terreni idonei per la coltivazione dello «Scalogno di Romagna» sono di natura collinare, tessitura media tendente all’argilloso, asciutti, ben dotati di potassio e sostanza organica, ben esposti e ben drenati. Sono terreni caratteristici della catena gessosa «La Vena dei Gessi Romagnola», che attraversando buona parte della zona di produzione, caratterizza e influenza tutto il territorio dell’areale, conferendo ai terreni una certa tendenza all’alcalinità. Inoltre il territorio dell’areale di produzione è noto quale zona termale, caratterizzata da componenti sulfuree dei terreni e delle acque.

Le qualità aromatiche proprie della famiglia delle liliacee sono così influenzate nelle componenti sulfuree da tali caratteristiche ambientali.

La flora microbica del terreno e la permanenza di attività enzimatiche durante la conservazione o l’essiccazione determinano lo sviluppo dell’aroma tipico, dolce e delicato seppure in presenza di un odore pungente, dello «Scalogno di Romagna».

Peculiarità dello «Scalogno di Romagna» è quella di non creare infiorescenze, pertanto l’unica tecnica di riproduzione possibile e, quindi, permessa è tramite il reimpianto dei bulbilli. Questa caratteristica ha mantenuto inalterato nel tempo il suo patrimonio genetico e le caratteristiche dello specifico ecotipo, non essendovi scambi di polline con altre specie né naturalmente né forzatamente e ha fatto sì che l’ecotipo romagnolo non abbia subito ibridazioni o interventi genetici a cui sono state sottoposte le altre varietà presenti sul mercato.

Lo «Scalogno di Romagna» da sempre non si trova allo stato selvatico, il che sta a significare che le popolazioni, i Celti, che lo portarono nei territori romagnoli coltivarono un prodotto originario ed autentico, che non si poteva in nessun modo né barattare né confondere né sostituire con qualsiasi altro bulbo di liliacea.

Un evidente legame fra «Scalogno di Romagna» e territorio locale è rappresentato dai produttori tutti, compresi coloro che ne coltivano pochi metri quadrati nell’orto di casa propria; grazie anche a loro non si è persa la possibilità di tramandare i preziosi bulbi, di non disperdere un così prezioso omaggio della generosa terra di Romagna. La competenza dei produttori è, inoltre, molto importante nella selezione dei bulbilli, operazione che viene eseguita a mano con eccellente maestria. Da questa selezione una parte viene destinata al consumo, e, abitualmente, la parte caratterizzata da pezzatura media e forma più ricurva viene utilizzata per il trapianto accorciando le radici e le foglie.

Vari scrittori citano tale prodotto, come ad esempio Corrado Contoli, nato e vissuto a Lugo, che nella «Guida alla veritiera cucina romagnola» (1963), nel capitolo «Le pietanze, Le carni di maiale» descrive una pioneristica e suggestiva testimonianza sullo scalogno. Altre testimonianze riguardanti la descrizione del prodotto e il suo uso in numerosissime ricette, risalenti al secolo scorso, sono riportate da Graziano Pozzetto in «Lo scalogno di Romagna. Cibo per Venere», pubblicato nel 2001. Vari cuochi nostrani hanno utilizzato lo «Scalogno di Romagna» nell’elaborazione di vari piatti, fra questi Tarcisio Raccagni dell’allora Albergo Ristorante «Gigiolè» di Brisighella, il quale ha lavorato per il recupero della cucina medioevale nelle cene allestite per le famose Feste medievali di Brisighella.

Si trovano inoltre in rete citazioni di testate che documentano la reputazione dello «Scalogno di Romagna» e il suo uso anche come condimento per la preparazione di vari piatti o nella presentazione sott’olio, come, a titolo di esempio, Giallo Zafferano, La Gazzetta del Gusto, Buonissimo, Geisha Gourmet, Taccuini Gastrosofici.

Quella dello «Scalogno di Romagna» è una storia bella ed esemplare, realizzata grazie al ruolo trainante della Proloco di Riolo Terme che ha realizzato nel 1993 la prima «Fiera dello Scalogno di Romagna», che si svolge ogni anno a fine luglio ed è tuttora esistente.

Riferimento alla pubblicazione del disciplinare

http://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3335


(1)  GU L 343 del 14.12.2012, pag. 1.

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